La città incantata è forse il film più famoso di Hayao Miyazaki, quello che gli consegnò l’Oscar e che lo fece entrare nella storia del cinema. Pochi sanno però che il canovaccio da cui prese piede la storia è un romanzo del 1987 scritto dalla giapponese Sachiko Kashiwaba: La città incantata al di là delle nebbie.

Nella postfazione del romanzo l’autrice scrive:

«Durante le scuole medie, lessi Le cronache di Narnia di C.S. Lewis e, presa dalla voglia di visitare Narnia, pensai a vari modi per raggiungere quel paese incredibile. […] Finite le scuole medie, mi accorsi che il mio mondo era già popolato di per sé da tantissime persone diverse e incredibili».

Il romanzo racconta dunque di un viaggio di una bambina, Rina, che viene inviata dal padre a trascorrere le vacanze da una fantomatica parente nella Valle della Nebbia.

Partita (apparentemente) da sola e addentratasi nel bosco dietro al suo ombrello, spinto dal vento, arriva in questo luogo sperduto e magico:

«solo sei casette disperse nel bosco. C’era un silenzio innaturale, e sembrava che in giro non ci fosse nessuno».

Accolta da una signora tuttaltro che gentile alla Pensione Picotte scoprirà di dover lavorare per poter trascorrere le sue vacanze.

Rina, bambina nei suoi 10 anni, acerba e lanciata da sola nel mondo affronterà questa sfida, forte solo di se stessa. E se stessa scoprirà giorno dopo giorno, lavoro dopo lavoro.

«Rina si trovò a pensare che voleva provare a restare lì. […] sia in quella città, sia in quella casa, c’era qualcosa che per ragioni a lei sconosciute l’attirava irresistibilmente»

La Valle della Nebbia con la sua Strada Matta è un luogo magico abitato da spiriti e da personaggi eccentrici che si rivelano tuttavia affettuosi e interessati alla bambina.

Il primo impiego di Rina è nella libreria di Naata: un luogo magico dove vengono regalati i libri alle persone che ne hanno bisogno e che giungono magicamente a quella porta.

«Questa città è in comunicazione con diversi luoghi. La distanza fisica non c’entra - disse Naata […] Ebbene, vedi… cioè… Insomma, chi ha davvero bisogno di questa città, riesce ad arrivarci…»

Tra gnomi, oni, centauri, negozi in cui si vendono oggetti perduti e ritrovati, pappagalli dal canto melodioso… Rina farà i conti soprattutto con se stessa e scoprirà i talenti nascosti della sua persona. Il tema del viaggio dall’infanzia alla maturità che sarà il cuore della versione cinematografica è il medesimo: una ragazzina inconsapevole, infantile e normalissima scopre il suo valore nel mettersi alla prova.

Il tema del lavoro, d’altronde, molto caro ad Hayao Miyazaki e preso dal romanzo, viene ampliato, divenendo diretta riflessione su temi ben più profondi (manca nel romanzo l’idea di lotta di classe con la contrapposizione del consumismo come condanna dei genitori di Chihiro, ad esempio) di quelli toccati nel testo.

Per Rina il lavoro nel negozio di giocattoli, in libreria, al negozio di antichità… è la possibilità di esprimere se stessa:

«Penso che dovresti metterci del tuo, proprio come hai fatto con Thomas»

Nel suo candore, Rina si rivelerà (ai suoi stessi occhi) come una ragazza tenace, compassionevole, attenta… aprirà un varco nel cuore del burbero Thomas e di Gallinaccio, conquisterà il cuore dello spirito Tigre e libererà da un incantesimo un viziatissimo principe, che ammaliato dalla sua non-compiacenza cambierà il suo animo e si innamorerà di lei.

Il percorso di Rina è lineare, si intreccia con la magia senza venirne mai toccata. Anche il rapporto maschio/femmina è solo parzialmente affrontato quando la protagonista salva il bambino trasformato in vaso, ma non si sviluppa in una vera e propria storia d’amore come con Haku.

Il tempo nel mondo degli spiriti è un tempo che ha una scadenza, è un luogo che si raggiunge solo per invito, un non-luogo che si deve abbandonare e che invece rimane sempre uguale a se stesso così per accogliere nuove persone che ne abbiano bisogno.

Rina ci va spinta da suo padre che all’epoca vi approdò, senza che venga detto il perché.

Ci si chiede dunque: di cosa hanno bisogno le persone che giungono a soggiornare e a trascorrere del tempo nel mondo degli spiriti? Il romanzo sembra definire questo soggiorno come un momento necessario di crescita e sviluppo della personalità di Rina. Ciò che spiega le ragioni di questo soggiorno può essere riassunto da quella domanda molto provocatoria che viene rivolta a Rina appena arrivata alla pensione Picotte:

«“quindi cosa significa che non sei capace di fare nulla?”».

Alla fine di quell’istante o di quel tempo infinito trascorso nella città incantata, Rina si renderà conto di essere cresciuta, abbandonando per sempre la fanciullezza.

Tanti dunque gli elementi in comune con il film, anche se improntati ad una maggior complessità che non c’è nel romanzo. Il film prende il percorso lineare di Rina e lo rende viaggio in mille direzioni (bellissimo il saggio di analisi di Valeria Arnaldi!).

È bello tuttavia notare e ritrovare, nelle immagini, piccoli dettagli della scrittura: Pipity Picotte è identica a Yubaba per come è descritta, la guida magica che accompagna Chihiro alla casa di Zeniba richiama in modo molto trasparente l’ombrello con la faccia del clown che chiama Rina fino alla pensione Picotte.

Evidentissimo anche il rapporto del romanzo con Alice nel paese delle meraviglie e Le cronache di Narnia, romanzi occidentali che hanno segnato l’infanzia della scrittrice giapponese, ma anche del regista.

Chihiro, Rina e Alice sono annoiate all’inizio della loro storia, stanche di una realtà che in quell’età di mezzo le vede molto limitate nei movimenti e nelle possibilità di fronte al mutamento che le attende, tutte e tre le ragazze si sentono smarrite perché un mondo nuovo inaspettato, che sovverte le regole conosciute, le travolge, provano paura, dolore, tristezza anche repulsione inizialmente, ma poi lo affrontano e scoprono qualcosa di nuovo per loro.

Il mito di Proserpina così ben esemplificato nel finale cinematografico non è presente invece nel romanzo dove Rina, uscita dalla nebbia alla fine della vacanza, si gira e cade a sedere:

«dove erano finite quelle sei splendide casette? Sbirciato tra i cedri dell’Himalaya dove si era fermato l’ombrello volando… Non vedeva più nulla.era tutto uguale a quando era arrivata»

La moltitudine di simboli, rimandi letterari e miti che si intrecciano nel film è molto più vasta di ciò che troviamo nel romanzo, che rimane però una splendida storia di formazione.

Perché la protagonista ha avuto bisogno di arrivare alla pensione Picotte?

Se credete di averne bisogno anche voi: potete partire con lei!

P.S. peccato per i refusi e qualche zoppia dell’edizione italiana!

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La città incantata al di là delle nebbie Sachiko Kashiwaba - Marta Fogato (traduttrice) 144 pagine Anno 2018 Prezzo 15,00€ ISBN 9788898002634 Editore Kappalab
La città incantata. Il film da Premio Oscar di Hayao Miyazaki Valeria Arnaldi 192 pagine Anno 2019 Prezzo 23,50€ ISBN 9788867768950 Editore Lit edizioni
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