Ho riportato da Bologna un albo illustrato di formato particolare che si sfoglia dal basso all’alto e che mi ha fatto molto sorridere, nonostante il contenuto giri intorno alla tristezza: Les petites misères di Suzanne Heller.
Approfondendo lo studio, ho poi scoperto che il libro è il più famoso capolavoro di un’artista newyorkese che, ventenne, nel 1965 lo pubblicò con il titolo inglese Misery. Da allora riprese il tema della tristezza in altri libri More Misery (1965), The story of a fat little girl (1966) e Misery loves company (1967), da allora non ha pubblicato più niente e si è ritirata a vivere e a disegnare su un’isola.
La limpidezza, l’ironia e la sottile schiettezza di questo libro non sentono il peso degli anni e restituiscono l’intuizione e la libertà con cui la Heller guardò e raccontò i bambini quasi 60 anni fa.
Quanti piccoli episodi, durante la giornata, ci frustrano, ci fanno arrabbiare, ci rendono infelici, ci addolorano! Questi momenti hanno il malvagio potere di trascinarci e mantenerci nel malumore per ore ore…addirittura per giornate intere!
Quando però si tratta di considerare i malumori, i dolori e le frustrazioni di qualcun altro la tendenza è sempre a minimizzare, a maggior ragione s, quelli con la luna storta sono bambini, le cui ragioni ci sembrano piccole quasi quanto loro.
Ho fatto esperienza di questa supponenza, perché la prima volta che ho sfogliato Les petites misères, ho sorriso - appunto! - nello scontarmi con questo coro di bambini che, pagina dopo pagina, raccontano in prima persona una serie di sfortune grandiose che causano una vasta gamma di sfumature di tristezza:
«Misère, quand le jour de ton anniversaire tu as la varicelle»
[Miseria, quando nel giorno del tuo compleanno hai la varicella]
«Misère, quand tu dépenses tout ton argent de poche pour un splendide yo-yo et que la ficelle se casse»
[Miseria, quando spendi tutta la tua paghetta per uno splendido yo-yo e la corda si rompe]
Quella che si inanella, pagina dopo pagina, è una serie di 41 «miseria!» (sarebbe interessante ragionare su come un traduttore potrebbe rendere esattamente questa espressione di disappunto!), che causa evidentemente sommo disappunto: le espressioni dei protagonisti non lasciano spazio a dubbi!
Dopo un primo sorriso, però, mi sono resa conto che questo libro geniale mette i lettori davanti ad una grande verità: i dolori dei bambini sembrano tanto piccoli, ma non sono molto differenti dai nostri. E non lo dico, pensando solo al passato - perché, certo, ho ritrovato tanti esempi di profonde arrabbiature che ricordo di aver vissuto da bambina -, ma mi riferisco anche al presente, perché tante delle lune storte degli adulti sono legate ad episodi molto simili se non identici:
«Misère, quand la journée est caniculaire et qu'il y a un trou dans la piscine en plastique»
[Miseria, quando la giornata è torrida e c'è un buco nella piscina di plastica]
«Misère, quand tu es déguisée en ballerine et que ta mère t'oblige à porter un manteau, et que personne ne peut voir ton costume»
[Miseria, quando sei vestita da ballerina e tua madre ti fa indossare un cappotto, e nessuno può vedere il tuo costume]
«Misère, quand tu es en voiture et que ça sent le caca de chien, et que tu t'aperçois qu'il y en a sous ta chaussure»
[Miseria, quando sei in macchina e senti puzza di cacca di cane, e noti che ce n’è un po’ sotto la scarpa]
I disegni in bianco e nero sono perfetti: le linee delle bocche accennate e mai calcate restituiscono esattamente ogni sfumatura di dolore, rabbia e sconforto.
Dietro ogni bambino corrucciato c’è spesso una ragione grande che probabilmente è stata anche la nostra!
«Misère, quand les adultes ne réalisent pas, parfois, combien malheureux peuvent être les enfants»
[Miseria, quando gli adulti non si rendono conto, a volte, quanto possono essere infelici i bambini]
Questo libro sulla tristezza mi ha ricordato, tuttavia, un libro sulla risata di Seizo Tashima, artista giapponese più volte candidato al premio Hans Christian Andersen che nasce negli stessi anni della Heller. Regalo fortuito arrivato tra le mie mani, わっはっは è un albo che in traduzione intitoleremo Ahahahahahah e che nelle sue 24 pagine non raccoglie altro che ritratti di oggetti, persone, verdure, animali che ridono.
Non immaginatevi però protagonisti forzatamente illustrati mentre ridono, o animali a cui è stata appicciata un’espressione sorridente, lo sguardo dell’artista giapponese è più sottile: le cose ridono naturalmente!
Lo schienale di quella sedia non vi sembra sorridere? Il volo a zig zag dell’ape non vi sembra tracciare un sorriso in aria? E l’ippopotamo mentre spalanca la bocca, forse non ride? E la maschera che sfoggiano le violette non è forse una risata?
Lo stile pittorico è particolare e infantile e soprattutto affascinante e i soggetti scelti comunicano una gioia contagiosa.
Tra tutti i protagonisti, ho amato soprattutto i vasi e le tazze che ridono con le loro bocche-ombra guardando verso il cielo.
Un libro sulla gioia, sulle risate contagiose, quelle che i bambini conoscono e che usano con leggerezza e frequentemente ridendo senza ragione - questa volta sì! - per il solo gusto di ridere ed essere felici.