A grande richiesta, ci occupiamo oggi di quella leggenda vivente che è Julia Donaldson e delle traduzioni di alcune tra le sue opere più note. In primis, ovviamente, Il Gruffalò. Donaldson ha scritto decine di libri che hanno venduto milioni di copie nel mondo (milioni! Il Gruffalò da solo ne ha vendute più di dodici milioni), diventando così una delle autrici più lette e con già una bibliografia piuttosto estesa. In questa discussione non potrò quindi svolgere un’analisi esaustiva, ma proverò a offrire qualche spunto di riflessione in base a come ho letto e valutato queste traduzioni. Mi soffermerò sulle traduzioni di The Gruffalo, Room on the Broom (letteralmente “posto sulla scopa”, ma noto in italiano come La strega Rossella), tradotte in italiano da Laura Peschiar per Emme Edizioni, e The Giant Jumperee (Il Gigante Salterino), tradotto per Mondadori da Chiara Carminati.

Traducendo testi in rima dall’inglese all’italiano, e non solo testi per bambini, una delle difficoltà che si incontrano è che ritmo, rime, ripetizioni e ritornelli suonano all’orecchio inglese diversamente da come suonerebbero in italiano. La letteratura italiana, infatti, si è evoluta in modo tale per cui le rime, soprattutto se baciate, i ritmi regolari o cantilenanti e i ritornelli ci suonano “facili”; li associamo alle ninne nanne o alle filastrocche per bambini e anche quando veicolano contenuti “alti” o “seri” la musicalità potrebbe persino suonarci dissonante rispetto al contenuto. L’italiano in generale ama la diversificazione, mentre per l’orecchio anglofono la ripetizione non è un problema e ritmi o rime “facili” non vengono percepiti come abbassamenti di tono.

Questo genera uno scarto perché, traducendo, può capitare che mantenendo ritmo e rime il risultato possa suonare riduttivo o addirittura fuorviante (“Ma come, così cantilenante??”), mentre dall’altro lato l’avvicinarsi al gusto italiano (inserendo variazioni di ritmo, eliminando ripetizioni, etc.) potrebbe apparire come un “tradimento” dell’originale (“Dove sono finiti tutti i giochi fonici, le rime, le assonanze, le ripetizioni? Allarme, tradimento!”). Con testi molto ricchi di espedienti fonici, rime e ripetizioni come questi di Donaldson, ci troviamo a giostrarci fra questi due estremi.

Guardiamo alcuni esempi tratti dal Gruffalò di Peschiar. Come riferimento, inserisco sia il testo originale che una mia traduzione di servizio:

“Where are you going to, little brown mouse?

Come and have lunch in my underground house.”

“It’s terribly kind of you, Fox, but no–

I’m going to have lunch with a gruffalo”

A gruffalo? What’s a gruffalo?

“A gruffalo! Why, didn’t you know?”

– Ciao topo, lo sai, la foresta è insidiosa…

dài, vieni da me che ti offro qualcosa! – 

– Sei molto gentile, ma dico di no: 

mi vedo per cena con il Gruffalò -.

La volpe gli chiese: – E chi sarà mai? – 

– Ma come, davvero tu non lo sai? 

Traduzione di servizio:

“Dove stai andando, topino marrone?

Vieni a pranzare nella mia tana sottoterra”

“Sei proprio gentile, Volpe, ma no,

vado a pranzare con un gruffalo.”

“Un gruffalo? Cos’è un gruffalo?

Un gruffalo? Ma come, non sai?

*

Where are you going to, little brown mouse?

Join me for tea in my treetop house.”

“It’s frightfully nice of you, Owl, but no–

I’m going to have tea with a gruffalo”

A gruffalo? What’s a gruffalo?

“A gruffalo! Why, didn’t you know?”

– Ciao topo, di’ un po’, stasera sei solo?

Ti va una cenetta…da prendere al volo? –

– Sei molto ospitale, ma sono impegnato:

dal Gruffalò a cena son stato invitato–.

L’uccello gli chiese: – e chi sarà mai? – 

– Ma come, davvero tu non lo sai?

Traduzione di servizio:

“Dove stai andando, topino marrone?

Vieni a bere il tè nella mia tana sull’albero”

“Sei davvero gentile, Gufo, ma no,

vado a bere il tè con un gruffalo.”

“Un gruffalo? Cos’è un gruffalo?

Un gruffalo? Ma come, non sai?

*

“Where are you going to, little brown mouse?

Come for a feast in my log-pile house.”

It’s wonderfully good of you, Snake, but no–

I’m having a feast with a gruffalo.

“A gruffalo? What’s a gruffalo?”

“A gruffalo! Why, didn’t you know?”

– Ehi, topo, che fai solo nella foresta?

Dài vieni da me, che facciamo una festa! –

– Sei molto gentile, ma dico di no.

Mi incontro per cena con il Gruffalò–.

– Con il Gruffalò? – chiese. – E chi sarà mai? –

– Ma come, davvero tu non lo sai?

Traduzione di servizio:

“Dove stai andando, topino marrone?

Vieni per un banchetto nella mia tana di tronchi”

“Sei molto gentile, Serpente, ma no,

vado a un banchetto con un gruffalo.”

“Un gruffalo? Cos’è un gruffalo?

Un gruffalo? Ma come, non sai?

Nell’originale inglese il primo verso e gli ultimi due si ripetono identici, la parola “gruffalo” compare quattro volte negli ultimi tre versi, e anche l’invito e il rifiuto del topino sono variazioni della stessa formula, con “house” che rimane sempre in rima con “mouse” e la variazione di avverbio (terribly nice, frightfully nice, e poi wonderfully good) e nome dell’animale.

Cos’ha fatto Peschiar? A mio avviso, ha scelto di privilegiare rima e ritmo su tutto il resto. Il che è una scelta comprensibile, considerando l’importanza che il suono ricopre in questo testo in particolare e nell’opera di Donaldson in generale. Così facendo ha perso alcune cose, ad esempio le ripetizioni formulari, di cui recupera qualcosina scegliendo ad esempio di utilizzare sempre “cena” invece di pranzo, tè (ma tè significa anche cena in alcune parti dell’Inghilterra) e banchetto (feast, propriamente banchetto o anche festino, è reso con “festa” che ne ricalca il suono). 

Non penso che la riduzione delle ripetizioni vada necessariamente a detrimento della resa, poiché la storia stessa (che do per nota) presenta un elemento forte di ripetizione a livello narrativo. Personalmente, negli esempi citati, avrei cercato di valorizzare di più la ripetizione variata degli avverbi e avrei mantenuto l’articolo indeterminativo insieme alla minuscola per gruffalo, che ci fa capire che il topino pensava di inventarsi l’animale e rende quindi ancora più sorprendente il momento dell’incontro con il Gruffalo, che invece esiste, ed è proprio come se l’era immaginato lui!

In altri passaggi, però, come hanno notato molti lettori, il mantenimento di ritmo e rima “a tutti i costi” comporta aggiunte o modifiche che allontanano abbastanza dallo stile asciutto ed essenziale dell’originale. Ad esempio, l’incipit:

A mouse took a stroll through the dark deep wood 

(Un topo faceva una passeggiata nella profonda, cupa foresta)

diventa

Un giorno un topino allegro e gioioso 

andò a passeggiare nel bosco frondoso.

Gli aggettivi sono assenti nell’originale, né direi che si possa desumere che il topino sia particolarmente “allegro e gioioso” dall’illustrazione, mentre il bosco è sì “frondoso”, ma anche cupo: fa proprio paura. 

Nel caso de La Strega Rossella, invece, Peschiar è intervenuta in modo diverso, più massiccio, prima di tutto “battezzando” la strega col nome di Rossella (nell’originale è semplicemente “la strega”), e poi riscrivendone alcuni passaggi. Ad esempio:

The witch had a cat

and a hat that was black,

And long ginger hair

in a braid down her back.

La strega Rossella

ha una scopa volante

che quando lei vuole

decolla all’instante!

Traduzione di servizio:

La strega aveva un gatto

e un cappello che era nero.

E lunghi capelli rossi

in una treccia lungo la schiena.

*

Over the fields and 

the forests they flew.

The dog wagged his tail

and the stormy wind blew.

Che bello, guardate,

un vecchio castello!

Esclama Rossella

stringendo il cappello.

Traduzione di servizio:

Volavano sopra i campi

e le foreste.

Il cane scodinzolava

e il vento temporalesco soffiava.

In questo caso saprei spiegare questi cambiamenti solo con la volontà di mantenere ritmo e rima. Mi chiedo se il testo originale fosse sembrato troppo semplice, ma d’altro canto proprio in questo sta la sua forza: frasi semplici e terra terra costruiscono una storia in cui la generosità della strega, che fa posto sulla scopa a un animale dopo l’altro, li rende inaspettati eroi in virtù dell’amore che li lega a lei.

Si potrebbe parlare anche di come la traduzione faccia slittare l’asse della relazione tra testo e immagine, ma questo sarà un argomento che tratteremo a sé un’altra volta.  

Veniamo ora a Il Gigante Salterino, un testo più recente (l’originale è del 2017, la traduzione del 2019), illustrato questa volta da Helen Oxenbury (l’autrice/illustratrice di A caccia dell’Orso, Il mio compleanno, e molti altri). Anche questa storia è “modulare”: Coniglio trova la propria tana occupata da un temibile “Gigante Salterino”, e uno dopo l’altro lui e Gatto, Orso ed Elefante provano a stanare l’intruso, ma scappano di fronte a minacce sempre più fantasiose. Alla fine arriva Mamma Rana che, senza scomporsi, conta fino a tre e fa uscire il “Gigante”, che si rivela essere il piccolo Ranocchio. Tutti ridono dello scherzo e vanno a fare merenda. 

A differenza dei due precedenti, questo testo non è tutto in rima. Vediamo alcuni passaggi:

Rabbit was hopping home one day when he heard 

a loud voice coming from inside his burrow.

“I’m the GIANT JUMPEREE

and I’m scary as can be!”

Un giorno coniglio stava saltellando 

verso casa, quando udì una voce tonante

che veniva da dentro la tana.

“Sono il GIGANTE SALTERINO

non osare venire più vicino!”

Traduzione di servizio:

Un giorno Coniglio stava saltellando a casa quando sentì

una forte voce venire da dentro la sua tana.

“Sono il GIGANTE SALTERINO

e sono il più spaventoso di tutti!”

*

“No, no! Don’t do that!” said all the other animals.

“He’s as scary as can be,” said Rabbit.

“He can squash you like a flea,” said Cat.

“He can sting you like a bee,” said Bear.

“And he’s taller than a tree,” said Elephant.

But Mama Frog took no notice of them…

[…]

“Come on out, GIANT JUMPEREE!” she said

“You’re the one we want to see,

so I’m counting up to three!”

“Oh no no, non farlo!” dissero in coro gli altri animali.

“Non osare andargli più vicino!” disse Coniglio.

“Ti spappola come un moscerino!” disse Gatto.

“Ha i denti più feroci di un mastino!” disse Orso.

“Se ti tocca ti riduce ad un grissino!” disse Elefante.

Ma Mamma Rana non fece caso a loro.

[…]

“Vieni fuori, GIGANTE SALTERINO

ora basta giocare a nascondino.

Al mio tre, vediamo se indovino…”

Traduzione di servizio:

“No, no! Non farlo!” dissero tutti gli altri animali.

“È il più spaventoso di tutti!” disse Coniglio.

“Se vuole ti spappola come una pulce!” disse Gatto.

“Se vuole ti punge come un’ape!” disse Orso.

“Ed è più alto di un albero!” disse Elefante.

Ma Mamma Rana non fece caso a loro…

[…]

“Vieni fuori, GIGANTE SALTERINO!

Tu sei quello che vogliamo vedere,

quindi ora conto fino a tre!”

Prima di tutto, il nome “Jumperee” è un composto di jump (saltare) che si è prestato benissimo alla trasformazione in “Salterino”, che oltre a mantenerne la composizione ne ricalca magnificamente anche il suono. La scelta del nome comporta però anche la necessità di trovare rime in -ino per le parti rimate, che nell’inglese fanno tutte rima con Jumperee. E così Chiara Carminati ha di volta in volta ricreato minacce fantasiose che le permettessero di preservare la rima. Notevole, secondo me, “You’re the one we want to see” (Tu sei quello che vogliamo vedere) che diventa “Ora basta giocare a nascondino”, che esprime lo stesso concetto ma prendendolo dall’altro verso (vogliamo vedere te perché sei nascosto, ergo basta giocare a nascondino). Questi adattamenti permettono di conservare la ricca tessitura fonica dei passaggi rimati, che sono anche quelli più salienti.

Con questi tre esempi, spero di aver mostrato alcune delle modalità con cui ci si può avvicinare ad un testo in traduzione. Per ogni libro, mi sono soffermata solo su alcuni degli aspetti che ho trovato più interessanti, e spero di non avervi annoiato con dettagli troppo tecnici! Nella prossima Ridda ci occuperemo di un argomento completamente diverso e in modo molto meno tecnico…Nel frattempo, leggerò e risponderò con piacere a qualsiasi reazione, commento o suggerimento che vogliate lasciare.

 


** Parole in ridda ** Una rubrica sulla traduzione a cura di Anna Aresi. Ogni mese,  Anna affronta un tema legato alla traduzione nell’ambito della letteratura per l’infanzia, con un’attenzione particolare ai libri illustrati.

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