«Non è facile mettere in fila le cose che accaddero in quello scorcio d’estate, quando la morte ci raggiunse e ciò che stava sotto terra venne in superficie, proprio come lo spettro»

Il piccolo regno di Wu Ming 4 (pseudonimo di Federico Guglielmi) si preannuncia, fin dalla copertina e dal sottotitolo (Una storia d’estate) come un’avventura estiva ed è facile che il pensiero corra velocemente verso uno di quegli spensierati racconti estivi emozionanti e felici. E certamente questo romanzo è in parte anche questo, ma conduce i lettori ad esplorare un altro volto dell’estate che è sempre legato alla scoperta della propria identità e all’esercizio della propria autonomia e per questo ha a che fare anche con la paura e il male, come anticipa esplicitamente la quarta di copertina: «quello che ci spaventa da bambini ci spaventa per sempre».

Il libro si apre con una mappa che sembra disegnata dalle mani di un bambino, dove vengono indicati i luoghi e i confini entro cui si svolge l’avventura di quella estate, e con una premessa per la «Gente Alta».

La scrittura è misteriosa e, sebbene si connoti immediatamente come memoriale («oggi che sono tutti bianchi, quei capelli […] si finisce col ricordare meglio gli eventi della propria infanzia»), l’utilizzo del campo semantico cavalleresco (regno, Gente Alta, Gente Bassa, regnanti) non dichiara immediatamente il realismo del racconto - che è tale! - tanto che il lettore cerca di comprendere se si tratti di qualcosa di diverso.

L’incipit in medias res ci catapulta all’interno di un’avventura alle prese con un “orco” in un mulino, ancora prima dei capitoli che presentano il luogo e i protagonisti, come se l’impressione di paura fosse più significativa e importante, il vero timbro di questa storia: da subito abbiamo l’impressione che qualcosa incomba drammaticamente su quesi giorni luminosi.

La vicenda, che capiamo svolgersi a cavallo tra le due guerre mondiali, ci racconta di un gruppo di bambini, la Gente Bassa, tre fratelli (Julius, Ariadne e Fedro) ed un cugino (di cui non sapremo mai il nome) che trascorrono insieme le vacanze in una casa affittata nella campagna inglese, godendo di una libertà di esplorazione e di scoperta tipica dell’estate e delle vacanze.

«Infine c’ero io, che dovevo trovarmi un posto tra la temerarietà di Julius, più grande di me di un anno e mezzo, la stranezza di Ariadne, unica femmina in un gruppo di maschi, e il senso di inferiorità di Fedro, il più piccolo. Non potevo che riservarmi il ruolo del saggio. E scoprì che mi calzava come un guanto».

Tutto è raccontato minuziosamente dalla voce focalizzata del protagonista che, con determinazione e vividezza, ci accompagna in uno spazio e in una estate indimenticabile. Non c’è ancora differenza, nel mondo di questi bambini, tra l’immaginato e il reale: essi, ad esempio, si accorgono di riuscire a comprendere il linguaggio degli animali, ciascuno un linguaggio preciso, e proprio su questa magica capacità decidono i loro nomi segreti: Ranocchio, Lepre, Merlo e Tasso.

L’avventura, che si svolge nostri i suoi occhi, spazia tra il mulino abitato dall’“orco”, il fiume e il bosco spaventoso, i bambini del villaggio, gli anziani Kirk, archeologi in pensione, Ned solitario eroe di guerra e i ricchi e rispettati Williamson che abitano la più bella e vecchia casa del circondario, e tuttavia non è solo un vagare libero e spensierato. Il nostro protagonista racconta con esattezza lo sforzo costante di comprendere il mondo e il mondo della Gente Alta, nello specifico, come quando i genitori si oppongono alla tata che vorrebbe picchiare i bambini, dichiarando di essere “fabiani” e di credere ad una educazione diversa: questa parola quasi magica rimarrà con i bambini come un talismano!

«“Non puoi capirle. Non ancora.” Anche questa risposta mi deluse. Era una risposta tipica della Gente Alta quando voleva escluderci» 123

«Essere fabiani significava stare dalla parte dei buoni. I cattivi avremmo imparato a riconoscerli a nostre spese» 32

Le diverse sezioni in cui è diviso il romanzo ci portano progressivamente e inevitabilmente verso cuore di quell’estate grazie ad una sottile creazione di pathos, creata grazie a costanti e misteriose anticipazioni che ci fanno presagire che qualcosa di drammatico deve accadere: 

«Ariadne no, lei non piangeva mai, Nemmeno la volta che le capitò qualcosa di molto brutto, di cui parlerò in seguito» 39

«In seguito però ci fu ben poco da ridere. Le cose che accaddero ce lo tolsero proprio, il sorriso» pagina 63

«Questo era il regno dove si susseguivano le nostre estati. Fino a quando comparve lo spettro. Allora il terrore si impadronì di noi e le cose cambiarono irrimediabilmente» 66

«Fu il presentimento fortissimo che avesse preso avvio una catena di eventi di cui non potevamo immaginare l’esito in alcun modo» 146

Tutto accade in seguito alla scoperta di alcuni tumuli al cui interno si svelano alcune tombe di inestimabile valore archeologico: i ragazzi, fatalmente attirati da quel luogo, si caleranno e riusciranno a portar via il bracciale appartenuto a un guerriero che lì riposa. Da quell’istante una serie di eventi tra il magico e il reale inizieranno a perseguitare la compagnia dei bambini: il fantasma del guerriero sembra mostrarsi e pretendere un risarcimento per la violazione del suo riposo.

Questa paura, che si incarna in feroci cani neri e in presenze notturne, cerca di essere compresa dai bambini e non solo fronteggiata, eppure, quando al culmine della paura i bambini sembrano aver trovato la soluzione nella restituzione del tesoro, la crudeltà di cui il fantasma sembrava presagio si incarna nel figure defilate e inquietanti di due loro pari, due bambini, che con un tranello rapiranno Ariadne e quasi lasceranno morire Fedro.

La scrittura riesce con maestria a riprodurre il pathos e a creare questo spazio di paura e di tensione, come se il narratore fosse di nuovo lì, senza distanza tra il momento della narrazione il momento degli eventi, lo fa anche grazie ad una lacunosità inquietante: nei fatti non sapremo mai cosa è successo ad Ariadne, ritrovata drammaticamente rinchiusa dentro una serra dove i crudeli bambini Williamson fanno crescere aborti di piante senza luce.

Alla fine di questa cavalcata tra guerrieri antichi, tassi guida, fiumi impetuosi, fughe notturne, demoni incarnati in cani… arriviamo alla fine dell’estate con la consapevolezza di non essere più uguali a prima.

Un romanzo intenso, sfaccettato, ben scritto che sbaraglia la narrazione sempre luminosissima delle estati dei bambini, donandoci forse uno spaccato più profondo di quello che significa crescere e abbandonare l’infanzia.

Una proposta splendida dai 10 anni in su.

P.S. il testo non è nuovo, ma mi dà l’occasione di mostrarvi la collana economica della Bompiani che ripropone grandi romanzi a piccoli prezzi.

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Il piccolo regno Wu Ming 4 240 pagine Anno 2023 Prezzo 10,00€ ISBN 9788830119987 Editore Bompiani
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