«Partire è un po’ morire» scriveva il poeta Edmond Haracourt, ne abbiamo riflettuto recentemente e, nei giorni scorsi, questo verso mi è tornato in mente mentre rileggevo L’estate di Garman di Stian Hole.

Non pensate che si tratti solo di emozioni che si scatenano nell’imminenza di un viaggio: lasciare qualcosa di noto per lanciarsi verso l’ignoto è il riproporsi di un movimento che costituisce la vita stessa, ogni mattina, ogni attimo, se ci si fa caso. Quante volte durante la nostra giornata ci troviamo in posizioni scomode, dentro emozioni di cui faremmo volentieri a meno, in situazioni conflittuali, con noi stessi o con altri e che ci turbano? Capita a tutti, eppure è difficile che nelle storie per bambini si riesca a stare in questi spazi; questo è accettabile e prevedibile, perché il movimento umano è sempre orientato a trovare una pace, una soddisfazione, una felicità, ma il rischio è che si cancelli il disagio e la paura senza si accetti di viverli.

In tanti piccoli momenti della vita questa tensione si ripropone coscientemente con tutto il disagio di sentirne lo strappo e Stian Hole ce lo ricorda con un libro interlocutorio e perturbante nei testi e nello stile illustrativo, un libro tutt’altro che accomodante che accompagna il lettore senza sconti fino a quella soglia, attraverso tutto l’ineluttabile processo di avvicinamento.

«L’estate di Garmann è quasi finita. I grilli cantano e le tre vecchie ziette sono venute a trovarlo. Garmann chiude gli occhi e pensa alle lumache nere… Presto arriverà l’autunno»

In poche frasi l’autore crea un clima di attesa: le zanzare, i rami del melo, il cielo…tutto indica e preannuncia qualcosa che sta per accadere. Cosa? Il “problema” non sembrerebbe essere neppure così insormontabile: in fondo Garmann sta vivendo l’estate che precede il suo ingresso alla scuola primaria.

Anche l’arrivo delle zie, che vengono a trovarlo ogni anno qualche giorno, amplificano la domanda che il protagonista ha sul suo futuro:

«“Che cosa vuoi fare da grande?”, sussurra zia Augusta mettendogli in mano venti corone senza farsi vedere dagli altri. […] “Come sarà iniziare la scuola? Senti forse le farfalle nello stomaco?, chiede zia Borghild. “Ho paura” risponde Garmann»

Al centro, senza sconti e giri di parole, viene messa la paura: solo i bambini hanno paura? Garman cerca di scoprirlo. La zia Ruth ha paura di non riuscire più a camminare, l'altra zia ha paura di cadere, la mamma di lasciar attraversare da solo Garmann e del dentista, il papà di non far bene il suo lavoro, zia Borghild di morire. I dialoghi portano fino al cuore della paura: la paura di finire.

«“Morirai presto?”, chiede Garmann. Zia Borghild alza lo sguardo sui rami di melo. “Sì certo non manca molto”. […] “Hai paura?”»

I dialoghi e i pensieri di Garmann si intrecciano, la paura della scuola è anche desiderio e timore di crescere e di cambiare… Gli adulti di questa storia sono liberi e onesti e capaci di raccontare di loro, senza il ricatto di voler apparire infallibili e senza la preoccupazione di voler dare una risposta preconfezionata a questa domanda profonda che è la paura. In questa spontaneità la speranza non può che fare capolino:

«“Sì Garmann, ho paura di lasciarti. Ma il grande giardino potrebbe essere interessante”»

L’estate trascorre come se fosse stata un solo unico intenso pomeriggio, c’è appena il tempo di preparare la cartella.

«Le prime vespe già volano sonnolente sul davanzale della finestra. La sesta estate è passata troppo in fretta. […] Mancano tredici ore all’inizio delle lezioni. E Garmann ha paura».

Fine. 

Lo stile eclettico dell’artista che mischia fotografie e immagini digitali in collage stranianti comunica un senso di turbamento e scatena inevitabilmente una repulsione che la stessa scelta dei soggetti amplifica: il corpicino di Garmann sembra martoriato da lividi, i peli sul mento delle zie, le smorfie delle gemelle… tutto disturba. Garmann tuttavia non si sottrae al rapporto con le lettore: lo guarda dritto in faccia e poi lo invita a guardargli le spalle, a stare con lui nei suoi pensieri.

Credo che Garmann di fronte alla sua finestra faccia più compagnia ai suoi lettori di tanti suoi corrispettivi letterari che marciano allegri a scuola, dopo una breve crisi ricomposta narrativamente in poche allegre pagine.

L’estate di Garmann ci mostra la necessità di un’attesa che non è per forza una risposta, ma il cui protagonista è il bambino che merita la nostra adulta fiducia e che ha bisogno che nessuno si sostituisca a lui nelle esperienze scomode della vita.

Provate a raccontare questa storia ai bambini, vi stupiranno!

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L’estate di Garmann, Stian Hole - Bruno Berni (traduttore) 44 pagine Anno 2023 Prezzo 20,00€ ISBN 9788855224949 Editore Donzelli
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