La fedeltà è ancora un valore di cui vale la pena parlare? Mi colpisce come nonostante la passioni cambino con un soffio di vento, quando si sta davanti alla persona amata non si riesce a dire “ti amerò finché mi sentirò”, “ti amerò finché non cambierò idea”, il cuore esige una eternità, una fedeltà: “ti amerò sempre”. La fedeltà è una scelta.

Un esempio struggente di questo amore incondizionato è raccontato in Hachiko. Il cane che aspettava, la storia di un cane che insegnò al mondo (e dobbiamo proprio dire mondo, perché la storia fece il giro del globo) cosa significa essere fedeli.

Questa storia vera, accaduta in Giappone tra il 1924 e il 1935 vede come protagonisti un cane di razza Akita, Hachiko, e il suo padrone, il professor Eisaburo Ueno, e rivive attraverso le parole di Lluís Prats e gli acquerelli di Zuzanna Celej con toccante intensità.

I tredici capitoli in cui è scandita la storia sono intitolati con l’intestazione del luogo e del periodo in cui si svolgono i fatti, come in una sorta di diario: tutto ebbe inizio nel «Quartiere di Shibuya, Tokyo. Gennaio 1924». Attraverso una scrittura vivida e ricca di immagini, entriamo nel mondo e della vita di Eisaburo Ueno, professore universitario giapponese, fatta di amore per natura, di riti e abitudini regolari e rassicuranti, di una moglie e di una figlia amate, di un quartiere ricco di relazioni, di una società formale e rigorosa nei rapporti… una vita rispettabile, ordinaria che non verrà rivoluzionata, ma che si forgerà una cristallina verità, grazie ad un cane.

Una sera di gennaio, dunque, nel freddo pungente dell’inverno giapponese un cucciolo, quasi in fin di vita, un regalo spedito in treno per quasi 500 km, si nasconde tra le pieghe del cappotto del professore: è un regalo per Chizuko, la figlia, ma quel primo gesto amorevole segnerà indelebilmente un rapporto. Il professor Ueno è inspiegabilmente attratto dalla dignità di quel niveo cagnolino, dalla sua innata educazione e dal legame che istantaneamente pretese da lui.

«Il cucciolo non abbaiò, quella mattina, ma attese tranquillo il padrone ai piedi del letto, finché questi si svegliò e aprì un occhio. Vedendolo disteso a terra, il professor Ueno sorrise e si alzò velocemente…Lo prese da terra senza vestirsi e si diresse in cucina. … Il professor Ueno rimandò la cerimonia del tè, cosa che non aveva fatto neanche quando uno spaventoso terremoto aveva devastato Kanto e il porto di Yokohama per mesi interi, e si mise innanzitutto a preparare una ciotola di latte tiepido per Hachiko. “Ti piace?” gli chiese mentre il cucciolo lo guardava con la testa ben diritta. “Ti prometto, e te lo prometto solennemente, Hachiko, che in questa casa non ti mancherà mai una ciotola di latte tiepido”».

Il professor Ueno è un uomo integerrimo, di quell’integrità umana e compassionevole, e Hachiko sembra comprendere quelle parole con fiducioso abbandono: le promesse sono solide fondamenta, irremovibili. Il rapporto è di arricchimento reciproco, il professor Ueno riscoprirà la spontaneità, il godere del riso e delle piccole cose, ma tutto il quartiere verrà investito da quel rapporto: la moglie guarderà con maggior stima suo marito e con nascosta amorevolezza quel gigante samurai che con discrezione si accoccolerà anche suoi piedi e così i vicini, i negozianti, i passanti…

Ogni mattina Hachiko accompagna il suo padrone alla stazione di Shibuya, dove il professore prende il treno diretto in università, irrevocabilmente alle 17,30, dopo aver riposato tra la casa e il giardino, torna in stazione ad attendere il suo ritorno.

Poi una mattina di maggio - forse chissà Hachiko lo sentiva nel vento o nel petto del suo professore - dopo aver tentato di impedirgli di uscire e dopo aver ascoltato queste parole: «“Quando torno stasera, andiamo a fare un bel giro. Te lo prometto solennemente, Hachiko. Mi senti? Solennemente. Tu e io da soli, d’accordo? Aspettami qui come sempre. A più tardi”». Il professor Ueno morirà improvvisamente nella sua aula universitaria.

È passato poco meno di un anno e mezzo: Hachiko da quel giorno per dieci anni tornerà tutti i giorni alla stazione Shibuya, aspettando che il suo padrone torni per tenere fede alla sua promessa: non aveva mai mancato ad una parola data, questo Hachiko lo sa.

Intorno a lui tutto cambia, tutto muta: la sua padrona si trasferisce, viene picchiato, soffre la fame, viene adottato, diventa la celebrità di Tokio… nulla gli impedirà di tener fede al suo impegno: alle 17,30 è seduto fuori dalla stazione.

La narrazione scorre intensa e lineare, gli acquerelli che, di quando in quando, fanno capolino tra le pagine rievocano le atmosfere emotive dei gesti e dei movimenti che descrivono, con una capace affinità di rappresentare il mondo orientale.

L’autore rende con vivacità la vita che scorre intorno ad Hachiko: le canzoni delle geishe che se ne prendono cura con devozione, i gesti dei viaggiatori, i dialoghi dei venditori della stazione che diventano, col tempo, i suoi padroni.

Fino ad una sera di marzo del 1935, quando il magone vi coglierà: Hachiko è stremato dal freddo, dorme in stazione perché percepisce che manca poco al ritorno del suo professore e non vuole rischiare di non esserci dopo 10 anni. E quella sera dopo mezzanotte, ecco il suono tanto atteso.

«Nel preciso momento in cui Hachiko chiudeva gli occhi per non aprirli mai più, la porta della stazione si aprì lentamente e un bastone col puntale d’argento incominciò a battere sul selciato. “Sei ancora qui Hachiko?" gli sorrise il nuovo arrivato. “Me lo aspettavo. Bravo. Mi dispiace che tu abbia dovuto aspettarmi un po’ più del solito, oggi, ma ho perso il treno”».

10 anni in cui nuove persone si sono prese cura di lui nulla hanno potuto al confronto di quei 17 mesi trascorsi con il suo professore.

La fedeltà non è questione di tempo trascorso insieme, ma di una scelta.

Un libro che spero che i ragazzi a partire dai 9 anni possano incontrare nella loro storia di lettura.

Hachiko
Lluís Prats - Zuzanna Celej - Alberto Cristofori (traduttore)

160 pagine
Anno: 2017

Prezzo: 14,90 €
ISBN: 9788894888003

Albe editore

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