Quanto è bello cucinare per qualcuno! Anzi, quanto è bello avere qualcuno che amiamo che cucini per noi! È a partire da questo assunto che si dipana, tra cucchiai, pentole e radici, questa storia di cucina e di amore intitolata La zuppa Lepron di Giovanna Zoboli e Mariachiara Di Giorgio. 

Una storia che è un piccolo assaggio, da assaporare proprio come una zuppa, di letteratura; la scrittura infatti e le magnifiche illustrazioni sono spazi pullulanti di vita, quasi un orto entro cui non è così evidente la strada “principale” della narrazione, e in cui ci si addentra incantati, seguendo i profumi e i colori.

«Il signor Lepron è un lepre bellissimo, pelo lucido e orecchie lunghe. […] Il signor Lepron ha una bella tana accogliente, molti figli, molti nipoti, molti pronipoti e la passione per le verdure»

Come, ad esempio, non soffermarsi a rimirare il bagno rosa del riccio, seduto sul water, proprio mentre il signor Lepron è assorto, nell’orto, ad ammirare le verdure? I mondi creati da Mariachiara Di Giorgio sono così: significanti e interessanti in ogni centimetro dello spazio illustrato, tanto che a volte ci si incanta a guardare “altro” dal protagonista.

Beh sapete tutti che con l’autunno, con il fresco che sale la mattina dalla terra e con la luce che si fa un poco più metallica viene voglia a tutti di ritirarsi nel caldo della propria cucina. E, infatti, «una volta l’anno, il primo giorno di autunno» il signor Lepron fa una zuppa per tutta la sua famiglia: «la migliore zuppa del mondo».

Tutta la schiera di lepri è coinvolta nel reperimento degli ingredienti: fagiolini, fagioli, salvia, rape, cipolle, carote, zucche, verze, sedani, spinaci, coste, asparagi… poi il signor Lepron si mette all’opera.

Il fascino delle dispense, tipico delle tane sotterranee che ha illustri antenati da Beatrix Potter a Jill Barklem, è declinato e attualizzato da Mariachiara Di Giorgio, tra mazzi di lavanda secca e giochi in scatola, tra barattoli di conserve e gonfiabili tondeggianti. Un’illustrazione, quella della dispensa, che ancora una volta è un mondo di sensazioni che travalicano le parole, le quali, comunque, non rimangono indietro e, ad una sinteticità funzionale, preferiscono regalare dettagli che paiono superflui, ma che sono invece necessari a creare un calore intimo, da focolare che è tutt’altro che superfluo perché una storia funzioni:

«Il signor Lepron ha una bellissima pentola per minestre, comprata per corrispondenza in un Paese famoso per le batterie da cucina».

La zuppa, dunque, prende vita, attraverso un procedimento di sobbollimento lento che è una metafora molto efficace; la ricetta fa parte di un rituale che si ripete sempre uguale a se stesso e prevede il sonno del signor Lepron che attende, accoccolato in poltrona, che la zuppa cuocia. Un passaggio di fiducia che affida la stessa zuppa ad una sorte di Provvidenza che vede e fa da sé, un’intelligenza della natura, forse, che sa, anche immersa nell’acqua bollente, trovare un suo equilibrio perfetto.

«Quando si sveglia, la zuppa è pronta»

Ogni anno la zuppa è un successo e anno dopo anno nessuno si capacita di come possa essere così buona, perfino i contadini - che avrebbero tutte le buone ragioni per non amare la famiglia dei lepri, ladri di verdure - adorano la zuppa Lepron. 

«C’è chi dice che la bontà dipende dall’acqua del bosco. Chi dall’aria della zona. Chi dal terreno in cui crescono le verdure. Ma i contadini spiegano che no: loro fanno tutto uguale al signore Lepron, stessi ingredienti stesso procedimento, stessa aria, stessa acqua. Eppure la zuppa è diversa. Nemmeno i suoi figli, i nipoti e pronipoti sanno il mistero della zuppa»

In men che non si dica la «zuppa del signor Lepron diventa famosa».

E con la stessa velocità - che forse abbiamo visto solo ne La fabbrica di cioccolato di Roald Dahl - nel bosco appare lo stabilimento Lepron che si occupa di portare ai quattro angoli del globo, in meravigliose lattine decorate, la zuppa più buona del mondo.

Eppure i sogni che cullavano e rimestavano ogni anno la zuppa e il suo creatore si fanno foschi, le preoccupazioni soverchiano la bellezza della famiglia e degli amici riuniti intorno alla tavola il primo giorno di autunno, cucchiai alla mano. Anche il pelo lucido e le orecchie intelligenti del signor Lepron si fanno flosce e opaco. È ora di andare in pensione. E così lo stabilimento con la velocità con cui era sorto, il tempo di un sogno - forse -, all’arrivo della primavera è già smantellato. Rimane la zuppa però («una volta l’anno»), e un sacco di nipoti e pronipoti!

La storia gustosa si compone - come vi dicevo - di una lingua elegante e ordinata e di bellissime illustrazioni di prati, tane, verdure, lepri… Lepri che vengono ritratte in modo realistico, mantenendo quegli sguardi tipici della preda sul punto di fuggire, che rendono così “vere” queste illustrazioni. E con una luce, che Di Giorgio declina in tutte le sue sfumature: fresca e albeggiante che accarezza e definisce i profili, gialla e tiepida nelle serate autunnali, metallica nelle mattinate nebbiose.

Un’ode al “fatto per”, al fatto su misura, al fatto per te.

Una bella storia.

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La zuppa Lepron Giovanna Zoboli - Mariachiara Di Giorgio 48 pagine Anno 2022 Prezzo 20,00€ ISBN 9788833700922 Editore Topipittori
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