In questi giorni mi è capitato più volte di intercettare discorsi sulla (presunta) assenza dei padri e degli uomini all’interno del dibattito e della ricerca sulla letteratura per l’infanzia, almeno per quanto riguarda il livello di lavoro sul campo nelle fasce più basse (neonati e prima infanzia).

Accanto a questa considerazione – anche nella mia esperienza di formatrice e docente universitaria gli uomini che si intercettano sono pochi!-, d’altra parte, i padri lettori sono moltissimi e mi sono chiesta dunque se questa fosse una reale assenza da un ambito (quello della lettura-letteratura) spesso considerato più affine al femminile.

Le storie e la lettura rientrano nell’ambito della cura che in Italia è storicamente affidata alle donne. Ma è davvero così?

Due libri sono venuti il mio soccorso, rispondendo alle mie domande in modo netto e semplicissimo: Alba di Daniel Fehr e Elena Rotondo e Io parlo come un fiume di Jordan Scott e Sydney Smith.

Il fatto è che i padri hanno, probabilmente, un modo diverso per fare compagnia e prendersi cura dei loro figli che si manifesta spesso semplicemente nello stare con loro, senza altri orpelli.

Non che io stia definendo la letteratura un orpello, ma bisogna sicuramente fare i conti, secondo me, con una diversa concezione della modalità di cura. 

Ce lo testimonia Alba di Daniel Fehr che in un racconto che è un distillanto di luce e silenzio ci racconta “semplicemente” una passeggiata di un padre di un figlio alla scoperta dell’alba, niente di più.

«Non mi sveglio mai a quest’ora. A quest’ora dormo. Oggi no. Oggi sono sveglio. Papà mi dà i miei vestiti tiepidi. Scendo le scale e infilo giacca e scarponcini. Poi usciamo»

Niente di più. Eppure tanti piccoli dettagli annotati dalle parole e catturati dalle immagini, rendono questo momento apparentemente scarno di un’intimità toccante.

Si alza prestissimo il bambino, eppure i vestiti – nota – sono tiepidi. Il lettore registra quasi impercettibilmente questa osservazione, ma vuol dire che qualcuno i vestiti li ha messi al caldo, la mamma direte, ma chi lo sa? Il bambino esce all’alba con il suo papà, le parole sono pochissime, i due non sentono il bisogno di parlare, né di toccarsi… niente del testo si sofferma sulla relazione o sull’emozioni dei due. Nonostante ciò il bambino, forte della presenza del suo papà, scopre il mondo, affronta il buio, non cede alla paura.. addirittura sul finale rimane da solo per un po’, perché il papà senza aver detto una parola, dopo la visione dell’alba si incammina per primo verso casa.

«Sento i passi di mio padre davanti a me. Le sue scarpe spezzano dei piccoli rami. I suoni lievi diventano forti. Seguo quelli di mio padre. […] Ci fermiamo. Intorno a noi, nulla. Solo alberi. Aspettiamo. Mio padre si siede per terre. Mi siedo vicino a lui. Vicino, ma non troppo»

La serena fiera e certa consapevolezza del papà, permette che il figlio possa stare con se stesso, contare su di sé, stare nel bosco da solo per un po’. Che concezione di cura! Molto lontana, ad esempio, dalla mia sensibilità, ma sono certa ugualmente necessaria!

Le immagini di Elena Rotondo seguono questa esplorazione notturna con trepidazione e attesa, in fotogrammi spezzati come la narrazione che si fa telegrafica, come i pensieri della notte. Le immagini ci mostrano cosa vede il bambino, ma seguono anche il movimento deciso di padre e figlio, in giochi di luci e buio molto suggestivi.

Altra storia potentemente commovente e straordinariamente bella è Io parlo come un fiume di Jordan Scott e Sydney Smith. La voce che prende parola è quella di un bambino, balbuziente, che racconta il travaglio di sentire la sua voce incapace di seguire i suoi pensieri e il suo sguardo. I tempi sono distillati grazie alle illustrazioni che sembrano dilatare il tempo di lettura e lasciare spazio al silenzio, quello stesso silenzio che circonda il protagonista. La bellezza si impone ed è ancora maggiore lo scarto con l’incapacità di parlare. Dopo dopo giorno la fatica e la frustrazione bruciano nella consapevolezza di non riuscire, il dolore e la solitudine di questo ragazzo diventano nostri.

«Mio padre viene a prendermi a scuola: “È solo una giornata di difficoltà di parole” dice. “Andiamocene in un posto ”».

Ancora una volta il silenzio e l’assenza di parole prendono spazio nella pagina, ancora una volta padre e figlio non si toccano, non si parlano, eppure la figura di questo padre si impone come una consistente e significativa compagnia, che si fa accanto al figlio e lo sostiene in un momento di bisogno e dolore con sicurezza, ferma.

Quale sollievo deve essere per un figlio che fa fatica parlare poter stare in silenzio!

Il testo che dà voce ai pensieri tumultuosi, dolorosi e piangenti di questo bambino che soffre lo scontro tra la volontà di parlare l’incapacità di farlo, traboccano in tavole che Sydney Smith rende indimenticabili e struggenti.

Quando però la paura prende il sopravvento …

«mio padre si accorge che sono triste mi abbraccia, indica il fiume e dice: “Vedi come si muove l’acqua? Ecco come parli tu”. Io guardo l’acqua»

Attraverso un’intuizione inaspettata il padre offre al figlio un’immagine di limpida comprensione e di accoglienza: non c’è il tentativo di consolare, di togliere fatica al figlio, di rassicurarlo, ma il papà offre una chiave perché quel figlio possa guardare quel limite che lo fa così sanguinare, come una parte di sé, unica e ricca di possibilità.

Fa venire i brividi la tavola centrale che si apre con lo sguardo assorto e gli occhi chiusi del bambino, illuminato da una luce alle sue spalle, che si apre in un’immagine in cui i contorni del ragazzo, immerso nel fiume, quasi si mescolano al brillio dell’acqua. 

«Mio padre dice che io parlo come un fiume»

Questa è la chiave.

Un fiume. Se ci pensate, la metafora comune vuole che “parlare come un fiume” sia essere capace di inanellare una quantità di parole infinita, come un fiume in piena, invece questo padre coglie una sfumatura particolare che si accorda a quel suo figlio particolare, mostrando una capacità di mettersi in sintonia con il proprio figlio unica.

«Ecco cosa mi piace ricordare, cosa mi aiuta a smettere di piangere. Io parlo come un fiume».

Un libro su come si possa far compagnia nel dolore che è di tutti e non solo dei balbuzienti. Uno dei più bei libri dell’anno che auguro a tutti di avere sugli scaffali.

Non so dunque come rispondere alla domanda che mi ha portato a queste storie, certo ci sono diverse componenti anche socio economiche che determinano una certa distribuzione degli uomini e delle donne all’interno dei diversi panorami culturali. Quello che però mi interessa non è tanto incontrare uomini ai miei corsi di formazione, quanto sapere che la letteratura e le storie possano raggiungere tutti.

[shareaholic app="share_buttons" id="15118398"]
Alba Daniel Fehr - Elena Rotondo 28 pagine Anno 2021 Prezzo 14,00€ ISBN 9788832070651 Editore Orecchio acerbo
Io parlo come un fiume Jordan Scott - Sydney Smith 44 pagine Anno 2021 Prezzo 16,00€ ISBN 9788832070682 Editore Orecchio acerbo
Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *