Quella del seme è una metafora piuttosto inflazionata che si trova e si ritrova in molti libri, albi e storie specialmente, tra quelli dedicati all’educazione e alla crescita. Grande albero e il sogno del mondo di Brian Selznick è invece qualcosa di totalmente diverso.
Ciò che spiazza, inizialmente, è che, ad una prima occhiata, tutto indica che ci troviamo di fronte ad un romanzo di imponenti dimensioni (siamo intorno alle 530 pagine), invece la grande scoperta è che, intervallate a pagine di testo, vi sono numerose pagine completamente illustrate che conducono - come vedremo - una narrazione complementare a quella del testo, in una modalità molto affine a quella dell’albo illustrato.
L’atto stesso della lettura, quindi, è modulato attraverso una struttura alterna che richiede di fermarsi a decifrare le immagini e che chiede di impegnarsi in letture immersive di pagine fitte di parole.
Non c’è, dunque, solo un ritmo della parola, ma anche uno delle immagini: le illustrazioni si intersecano semanticamente alla storia, addossandosi la responsabilità della narrazione di alcuni passaggi.
L’incipit è in media res: il lettore si trova catapultato tra i sogni di un seme, custodito dentro il frutto di un sicomoro.
«Ciao, stelle. Mi è parso di sentire le vostre voci… mi stavate chiamando?» p. 11
Louise, questo il nome della piccola semina di sicomoro, vede il mondo attraverso i racconti di suo fratello Merwim, semino che nel frutto si posiziona all’esterno, vista mondo.
I piccoli semi vivono e attendono, tra paura ed eccitazione, di potersi finalmente staccare dalla mamma e trovare il loro posto nel mondo.
«“…se avrò fatto bene il mio lavoro sarai tanto coraggiosa e forte da volare per l’aria […]. Un bravo genitore dà sempre radici e ali ai suoi figli. Radici per trovare stabilità, e ali per andare ovunque con coraggio […]” [disse la mamma ndr.] “Ma sono così piccolina” disse Louise dalla sua minuscola macchia di oscurità. “Quando crescerò sarò un albero piccolino?” “Potrai crescere fino a diventare l’albero più grande di tutti” la rassicurò la mamma, “se ci saranno le giuste condizioni […] Buon terreno. Tanta luce. E acqua fresca”» p. 58
Dalla sua posizione svantaggiata, all’interno del frutto, tuttavia Louise è stranamente consapevole di essere destinata a grandi cose.
«“Io voglio crescere sulla luna” trillò Louise da dentro il frutto. “È un’idea fantastica.” “Ma mamma” mormorò Merwin, “non può andare sulla luna”. “Lascia che tua sorella sogni, Merwin. I sogni sono importanti”. “E la realtà, allora?” “Anche quella è importante”» p. 60
La storia subisce una brusca accelerazione dovuta all’avvento, imperioso e improvviso, di alcuni “giganti” che, piombando scompigliatamente nella foresta, abbattono Mamma Sicomoro che, messa in allarme dai funghi ambasciatori, riesce all’ultimo istante a risucchiare tutte le energie necessarie per liberare i suoi figli semi.
È a questo punto che, tra le illustrazioni e la descrizione narrativa, iniziamo a intuire che l’universo costruito dall’autore statunitense non è così quotidiano come potevamo immaginare, perché il gigante che abbatte la Mamma pare essere in tutto e per tutto un dinosauro.
Da questo istante il romanzo diventa la storia di due piccolissimi fratelli semi alla ricerca di un luogo in cui crescere, un luogo dove buona terra, acqua e tanta luce creino quel mix perfetto per la vita di ciascuno.
Cosa sono due semi di sicomoro in un mondo sproporzionato, abitato da sauri giganteschi? Cosa sono due semi? Così piccoli da perdersi in una pozzanghera, così fragili da non sapersi tirare fuori da un’impronta nel fango.
Quella che affrontiamo è, in tutti sensi, una piccola epopea per la vita, anche se le prove possono sembrare insignificanti:
«I due piccoli semini restarono accovacciati lì insieme a lungo, senza sentire altro che l’amore infinito per la loro mamma, il dolore sconfinato per la sua scomparsa» p. 203
I colpi di scena, le gesta, i rivolgimenti della sorte tra animali preistorici, acque popolate da creature misteriose e inquietanti, giganti e minuscole non mancano in questa storia di protagonisti minuscoli, all’apparenza trascurabili. Eppure il cielo, le foglie morte, la farfalla, le felci, il topo, gli alberi, i Giganti…tutto concorre affinché questi due semini possano raggiungere il proprio posto e il loro destino.
Questo senso di minutezza è variamente documentato dalle immagini, in cui lo spazio occupato dai due protagonisti è sempre marginale e sproporzionato rispetto a tutto ciò che di grande accade. Eppure, spinti dalla certezza di Louise di avere una missione importante da portare a termine, il lettore non può non intuire che il grande movimento, di cui è spettatore, coinvolge tutte le creature viventi che incontra, dalla più piccola e trascurabile alla più grande e appariscente.
«“Non sappiamo che cosa sia quella voce” spiegò uno di loro [un minuscolo scienziato vivente in una conchiglia ndr.], “ma la chiamiamo l’Origine”. “L’origine” ripetè Louise, ed ebbe la sensazione di conoscere quel nome da sempre. “Cerchiamo di ascoltarla con grandissima attenzione, e aspettiamo di poter capire il messaggio”» p. 174
La narrazione è intrigante e coinvolgente, inaspettata, ma non c’è nulla che non sia perfettamente radicato nella realtà: i lettori si trovano di fronte a un cambiamento epocale nella storia del mondo e lo leggono attraverso il punto di vista di due semi. È lo sguardo incantato e privilegiato di due piccoli protagonisti bambini, il cui ruolo è ben più importante e grande di quanto loro stessi possano immaginare.
Ad un certo punto, per una disgrazia casuale, i due fratelli vengono divisi: Louise sparisce e Merwin rimane incastrato in una fessura. Tutto sembra perduto. Niente terra, niente acqua, poca luce.
«Le settimane diventarono mesi. Passarono gli anni. Trascorsero decenni. I decenni sembrarono trasformarsi in secoli, e poi in millenni. Ma per quanto tempo passasse neppure per un attimo Merwin smise di pensare alla sua sorellina. Tutti suoi pensieri, le sue inquietudini, tutte le sue speranze e tutti i suoi sogni si erano dissolti nell’aria. L’unica cosa che restava era l’amore» p. 355
La situazione cambia quando Merwin incomincia sentire la voce di quella Origine, le stelle, con cui sua sorella Louise dialogava eccentricamente tutti i giorni, questo stravolge il suo modo di guardare il mondo e di ascoltarlo.
L’unica cosa che restava era l’amore: l’Origine incomincia a raccontare a Merwin una storia d’amore, un innamoramento per una vita che pulsa in un stella unica.
«Il tempo passò. M’innamorai»
Tragedia? Innamoramento? Fine? Inizio? Cosa stiamo vivendo?
«“La storia finisce così?“ chiese Merwin. “La storia non finisce mai”. “Grazie per avermela raccontata”. “Grazie per aver ascoltato”» p. 432
Ma anche questo dialogo è solo un’anticamera, una preparazione a quella che sarà la vera fine del mondo e che ha serpeggiato fin dall'inizio come cupo orizzonte.
Finisce così? Merwin e Louise sembrano non essere riusciti a fare niente: un vulcano è stato il segno di qualcosa che sta investendo tutto. Qual è la forza dei piccoli?
Forse quella di affidarsi. Accade a Merwin che si affida ad un’esile farfalla che lo solleva e lo lascia ai piedi di imponente albero… sua sorella, che troverà molto cambiata ma ancora più consapevole e certa di avere un ruolo chiave da svolgere nella storia.
Il buio totale sta per arrivare, la morte.
«E allora, nell’attimo appena prima dell’impatto, tutte le piante in ogni angolo del mondo fecero ciò che Louise le aveva preparate a fare… liberarono i loro innumerevoli semi nell’aria. Ciascun seme era un atto di speranza, un atto di fede nel futuro, e pareva ci fossero tanti semi nell’area quante stelle nel cielo. Turbinarono e si sollevarono, in su, pronti a combattere impavidi l’oscurità in arrivo p. 471
La storia non è finita, perché 66 milioni di anni dopo…
Oggi come come ieri, come sarà in futuro e come è sempre stato, l’uomo si trova sulla soglia di un cambiamento. La cosa migliore che possiamo fare, come i piccoli (semi) insegnano è non perdere mai la speranza, prepararsi a cambiare il mondo con la speranza nella vita, impavidi senza paura della morte.
Una lettura coinvolgente e sbalorditiva per ragazzi dai 10 anni.
P.S. la storia che ha portato queste immagini e queste parole dagli studi di Steven Spielberg a queste pagine è ben raccontata nella postfazione e dà ragione di una forma editoriale unica che rende unica questa storia.