Tra i protagonisti della prossima mostra degli illustratori della Bologna Children’s Book Fair troviamo Maurizio Tibaldi.

→ Potete seguirlo attraverso Instagram, ma anche andare a scoprire tutto il suo lavoro sul suo sito.

In attesa di vedere le sue tavole esposte alla mostra degli illustratori, ecco cosa ha risposto alle nostre brevi domande. Grazie!

Tibaldi Maurizio

Tibaldi Maurizio

1) Che cosa significa per te illustrare?

Per me illustrare è prima di tutto un’occasione per osservare. Mi guardo intorno continuamente alla ricerca di una forma che possa stuzzicare la fantasia, un colore che si fa notare, una situazione che suggerisce un guizzo ironico. Piccole cose che raccontano storie. Illustrare diventa un modo per provare a restituire qualcosa di questo immaginario fai-da-te che si compone via via, come quando si prendono degli appunti per non scordarsi le cose che è importante ricordare e che sarebbe bello raccontare a qualcun altro.

2) In che modo lavori?

Tutto inizia con un’idea, non sempre del tutto chiara: sta lì un po’, fluttua nell’aria e dev’essere afferrata. Non è un processo immediato, nè molto efficiente, ma è importante per me visualizzare ciò che vorrei raccontare prima di iniziare a disegnarlo. Proseguo mettendo insieme una certa quantità di elementi visivi, forme, colori attraverso i quali provare a dare corpo all’idea. Si finisce però sempre per aggiungere troppo ed è qui che inizia la parte difficile: verificare ciò che funziona e togliere quello che non serve.

Lavoro per stesure successive e per sottrazione progressiva di quello che non mi torna. La tecnica digitale, con la quale ho iniziato e proseguo questo percorso da autodidatta, mi permette di fare molti tentativi, di valutare soluzioni anche molto diverse, intervenendo via via su posizioni e proporzioni.

Lavoro simultaneamente sulla progettazione e sulla finalizzazione dell’immagine, che si compone un po’ da sé: gli elementi si aggiungono poco alla volta e raramente l’idea iniziale viene resa nitidamente nell’immagine finale, ma se il risultato è convincente va bene così.

3) Che cosa ami del tuo lavoro?

Amo la possibilità di poter creare piccoli mondi dalle forme strane e dai colori sgargianti, dove le regole della logica non valgono e il rovesciamento imprevisto di ciò che ci aspettiamo ci fa venire voglia di ridere prima che di chiederci cosa stia succedendo.

Nello spazio dell’illustrazione vale tutto, davvero, ed è bello rendersene conto un’immagine dopo l’altra. Si scopre la versatilità di uno strumento che può raccontare tante cose, in molti modi diversi e non ci sono limiti a ciò che si può inventare.

 

4) Qual è il tuo libro del cuore?

Direi “Stagioni” di Blexbolex: un libro che non racconta una storia in particolare, ma al contempo ne racconta molte. La capacità di Blexbolex di usare uno strumento antico come l’abbecedario trasformandolo in qualcosa di totalmente nuovo e diverso, così come il suo talento nel conciliare l’estremo rigore e il mestiere di un artigiano stampatore con la freschezza di forme e colori che sembrano uscire dalla pagina per andarsene chissà dove mi affascinano sempre di più ogni volta che torno su quelle pagine.

L’intuizione di accostare immagini, parole, suoni in modo imprevedibile e sempre nuovo ad ogni lettura continua a sorprendermi per la sua semplicità e forza. Più che un libro è un dispositivo che fa succedere qualcosa in chi lo sfoglia, fa venire in mente cose alle quali non si era pensato, accende guizzi di immaginazione imprevisti.

E la cosa migliore è che non serve spiegare nulla di tutto questo: apri il libro, lo sfogli e semplicemente funziona, la magia si compie, ogni volta in modo diverso.

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