Ho inteso il vero valore del romanzo La famiglia Sappington reduce dalla lettura di soli tre capitoli di un altro romanzo che mi aveva ammorbato per la prevedibilità della trama e la giudicante trasparenza dei nomi che definivano luoghi e personaggi…uscivo da questa storia stanca e appesantita, ma poi sonno entrata in questa storia:

«C’era una volta una famiglia che si chiamava Sappington: era una famiglia d’altri tempi, con quattro bambini. Il maggiore era un maschio che si chiamava Timoteo, aveva dodici anni. Poi c’erano Bernabò e Bernabò, due gemelli di dieci anni. Nessuno riusciva a distinguerli […] quindi venivano chiamati […] solo A e B […]. C’era pure una femmina […]si chiamava Jane. […] I genitori Sappington dimenticavano spesso di avere dei figli e diventavano di pessimo umore quando qualcuno glielo ricordava»

Il padre era irascibile, la madre odiava preparare da mangiare e occuparsi dei figli. Potete intuire che la lettura di questo romanzo si allontani nettamente da tutti i buoni sentimenti e da tutti i presupposti educativi che di norma sono propinati ai ragazzi.

Lois Lowry ha una capacità unica di costruire personaggi perfettamente caratterizzati nel loro muoversi, sempre coerenti e mai piatti. Nessuno è descritto esattamente, ma il largo spazio dato ai dialoghi permette a tutti personaggi di esprimersi e rivelarsi ai lettori molto chiaramente.

C’è il primogenito Tim direttivo e prepotente, A e B servizievoli e sempre acuti nelle loro osservazioni e poi c’è Jane, la femmina che viene considerata assolutamente un nulla.

«“Tu non ne hai bisogno perché sei una femmina. Nessuno ti chiederà mai di fare delle cose importanti”, le disse Tim» 

Non immaginate che questi stereotipi vengano poi ricomposti in un concerto finale di buoni sentimenti, ma non pensate neppure ad una caricatura grottesca che poi, in fondo, suggerisce ai lettori il medesimo quadro finale: la Lowry mantiene un equilibrio perfetto tra la schiettezza di Roald Dahl e un dark humor catartico. La vita sa essere sadicamente insopportabile, ma questo non determina il piglio con cui stare al mondo (anche se si è una femmina!) e nemmeno il destino di ciascuno.

In effetti questa ironia senza filtri e totalmente “non politically correct” diverte moltissimo i ragazzi che possono, in modo liberante, veder accadere sotto i propri occhi quello che tutti prima o poi hanno pensato o desiderato accadesse.

Dopo aver appurato di non essere per nulla amati dai propri genitori, i quattro fratelli concertano un piano per liberarsi di loro e per diventare finalmente orfani (!), contemporaneamente i sadici e insopportabili genitori pianificano un ignobilissimo piano per abbandonare i figli.

«Tim si affacciò alla finestra della stanza dei giochi […] “Vedo che c’è attaccato qualcosa”, concesse. “Cosa c’è scritto?” “Vendesi!”, annunciarono i gemelli. “Ci vendono?”, chiese Jane sorpresa. “No, scema”, disse Tim. “Pare che la casa sia in vendita. […] quindi”, considerò Tim “mentre noi ci stiamo liberando di loro, loro si stanno sbarazzando di noi. […] Ignobile, assolutamente ignobile»

Le strade dei genitori Sappington e dei figli, dunque, si dividono, imboccando due direzioni differenti: i primi, affidati a una tata apparentemente ripugnante, devono dribblare i potenziali acquirenti della loro stessa casa, sperando che i genitori muoiano nelle escursioni organizzate per loro dall’Agenzia Viaggi Abominevoli; i secondi partiranno semplicemente dimenticandosi di loro.

Le strade narrative si collegano, poi, ad un’altra famiglia non tradizionale grazie alla presenza di una piccola orfanella, abbandonata proprio sulla soglia di casa Sappington nel primo capitolo, e immediatamente reindirizzata verso la ricca villa di un vedovo milionario, perduto nel suo dolore (ma anche provetto caramellaio).

È esilarante leggere queste pagine schiette e inaspettate (ci sono tate travestite da Veneri di alabastro, madri che dispongono i vestiti in ordine alfabetico…) preparatevi anche a scontrarvi con il destino ignobile dei terribili genitori che finiranno congelati sulla vetta di una montagna svizzera.

Tuttavia, se ci fate caso, ciò che accade, sebbene raccontato in toni apparentemente sopra le righe - perché schietti, non perché sguaiati! - non è molto lontano da un ben orchestrato romanzo con lieto fine.

«Noi siamo quattro rispettabili orfani con una Tata molto efficiente» 

I quattro Sappington troveranno una famiglia che vuole loro bene, per come sono, il vedovo miliardario scoprirà di non essere vedovo, la piccola orfana Ruth darà il nome ad una barretta di cioccolato e torrone che non sfonderà mai nel mondo della pasticceria, il figlio redivivo del milionario abbandonerà la madre sopravvissuta e maniaca del controllo e le odiate Alpi svizzere per tornare da lui…

Un romanzo che fa ridere, ricco di avventure e di trame letterarie, raccontato nel modo unico di Lois Lowry.

P.S Desidero fare un breve approfondimento su un tema che mi sta cuore, come mamma adottiva: la descrizione dell’orfano nella letteratura.

Il romanzo regala infatti una carrellata di orfani letterari dalla Mary Lennox de Il giardino segreto a Pollyanna, da Jane Eyre a James de La pesca gigante … tutti vengono citati in un capitolo esilarante intitolato, Contemplando l’orfanezza. I piccoli Sappington desiderano, infatti, con tutto il cuore diventare orfani!

Quello che è chiaro è che la condizione di questi eroi letterari non contiene in sé nessun desiderio di narrazione dell’abbandono e dell’adozione: la condizione orfana del bambino, del protagonista letterario è ciò che permette ai personaggi di esprimere e di scoprire le proprie potenzialità, senza adulti che fungano da filtro e mediazione.

La condizione di solitudine - resa letterariamente inequivocabile attraverso l’abbandono - permette ai bambini di fare i conti con la propria identità e le proprie risorse e soprattutto non ha niente a che fare con la narrazione dell’abbandono e dell’adozione nella realtà!

Quindi non private i bambini adottati di storie in cui si narra di orfani: non abbiate paura di offrirgliele, perché non c’entrano niente con la loro storia personale. Se lo chiedessero, spiegateglielo.

«Un vero orfano ha il padre morto e una madre che magari muore di colera in India, come Mary Lennox nel Giardino segreto.” “Oh, sì!”, disse Jane, ricordando con entusiasmo. “O Pollyanna! I suoi genitori erano morti e allora ha dovuto fare un viaggio in treno tutta da sola! E Anna dai capelli rossi, ti ricordi? Arrivava dritta dritta dall’orfanotrofio!” “Ma queste sono tutte femmine”, aggiunse. “Mi chiedo se esistano degli orfani maschi.” “Sì. James. Il tipo della pesca gigante. I suoi genitori erano stati mangiati da un ippo fuggito dallo zoo”, commentò Bernabò B.»

P.S. le immagini che costellano il romanzo sono a cura dell’autrice.

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La famiglia Sappington Lois Lowry - Pico Floridi (traduttore) 150 pagine Anno 2017 Prezzo 9,90€ ISBN 9788869661860 Editore Il castoro
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