Se avete 3, 4, 5, ma anche 30 anni quasi certamente vorreste incontrare un unicorno!

La storia di Margherita e l’unicorno, raccontata da Briony May Smith, ci dà la possibilità di vivere questa esperienza e lo fa con una storia che si ispira non alla figura stereotipata di unicorno che oggi riempie ogni bazar con la sua criniera multicolore, gli occhi glitterati e manti fosforescenti di plasticosa fattura, ma si rifà a quella che è la tradizione leggendaria di questo animale e che lo descrive compiutamente: un animale simile ad un cavallo con gli zoccoli fessi, un manto argentato o bianco, una coda da leone e un corno in testa.

La strenna di oggi racconta di Margherita, una bambina di 6-7 anni che si è appena trasferita in una casa nuova, nella brughiera, tra le montagne scozzesi, in una vecchia casa di pietra, con il pavimento in pietra grezza e i mobili in legno verde menta. Cambiare casa è una grande avventura, ma anche una sfida che implica smarrimento, frustrazione, domande… Nel suo esplorare i confini della nuova casa, Margherita si imbatte proprio in un cucciolo di unicorno impigliato tra i rovi e lo porta a casa.

Quello che potrebbe sembrare un animale magico immaginato, che spesso i bambini tendono a nascondere agli occhi degli adulti, i quali non vedono o non possono vedere, in questa storia sembra appartenere ad una quotidianità condivisa con gli adulti.

Margherita mostra, infatti, immediatamente il piccolo alla nonna, che non sembra per nulla stupita:

«“Non immaginavo che ce ne fossero ancora”, ha detto. Così le ho raccontato della mandria che avevo visto volare nel cielo. “Quando ero bambina, li guardavamo sempre volare via verso l’Isola degli Unicorni con l’ultimo vento d’estate”, ha risposto lei sorridendo»

È con questo cucciolo eccezionale che Margherita, insieme alla nonna e ai suoi genitori, inizia ad esplorare e a far propria la sua nuova casa e i dintorni: dalla bottega dei fiori, al nuovo letto, dal giardino alla spiaggia in fondo alla via.

«Il giorno dopo, io e il mio unicorno siamo andati a fare una passeggiata. Abbiamo calpestato le foglie secche e acchiappato al volo quelle che fluttuavano giù dagli alberi. Ho raccolto il riccio di una castagna, l’ho aperto piano e ho accarezzato l’interno soffice. Era come la pelliccia di una fatina»

Sono tante le cose che scopriamo sugli unicorni, per esempio che bevono acqua limpida baciata dal chiaro di luna e poi mangiano i fiori.

La storia tuttavia è soprattutto investita dalla descrizione dei momenti condivisi, delle passeggiate tra l’erica o sotto i castagni, delle onde rincorse con gli stivali nel freddo dell’inverno, delle cioccolate prese davanti al camino e dei pomeriggi rannicchiati sotto le coperte ad ascoltare il «tap tap tap della pioggia sulla finestra», o ancora dei natali impegnati a fare i biscotti e dei pupazzi di neve che assomigliano tanto ad unicorni…

Quando arriva la primavera e si possono fare i picnic distesi sulle coperte a quadretti, con il thermos, le marmellate e le mele arriva però il momento di separarsi.

«Il primo giorno di primavera, mentre sedevamo sulla collina, gli unicorni sono fluttuati giù dal cielo come fiocchi di neve»

L’unicorno di Margherita ritrova la sua mamma, ma sebbene non abbia pronunciato una parola per tutta la storia, la promessa di non dimenticarsi a vicenda è reciproca. E infatti sarà così, anche se il tempo passa.

«Poi Mamma ha chiamato. Era ora di tornare a casa, fra l’erica e i cardi, nel nostro cottage sulle montagne».

La storia è semplice e suggestiva, soprattutto per questa scelta di riferirsi all’unicorno attraverso le documentazioni leggendarie che affondano nel Medioevo e nella tradizione folcloristica scozzese (qui trovate un bell’articolo per iniziare a scoprire l’argomento).

Ho apprezzato anche che questa amicizia non fosse ridotta a un’immaginazione del bambino, espediente che a volte diventa una scusa per non considerare la vastità del sentire infantile, relegandolo ad un mondo esclusivamente immaginario.

Degno di nota, poi, è il lavoro a livello illustrativo.

L’autrice riesce a comunicare esattamente il contesto che desidera tratteggiare sia attraverso una minuziosa ricostruzione del paesaggio che ricorda le Highlands scozzesi con i suoi scorci, le sue montagne, il suo oceano sia soprattutto grazie ad un minuzioso lavoro sui dettagli: dai muretti a secco alle case in pietra, dai fiori sferzati dal vento agli arbusti con le bacche gialle.

A questo si aggiunge un lavoro sulla luce che è davvero suggestivo.

Non solo la luce naturale illumina gli spazi aperti a chiazze, come se fosse attraversata e filtrata da veloci nuvole di passaggio, ma anche nel racconto illustrato degli interni la luce gioca coni profili delle finestre, si scalda nel camino...

La luce solare cambia a seconda del momento e della stagione: se Margherita corre sulla spiaggia d’inverno, si fa metallica e opaca per la nebbia che tutto confonde, nelle gelide notti invernali si fa limpida e ferma, immobilizzando in cielo fiocchi che non si distinguono dalle stelle. Si fa color arancio nelle giornate autunnali, tiepide e felici e poi si riscalda di un calore frizzante e differente quando la primavera finalmente si affaccia tra i prati.

Questa attenzione illustrativa e descrittiva si allarga agli spazi umani e dota Margherita di una serie di maglioni di lana uno più bello dell’altro, ma anche di gonne scozzesi in lana e scarponcini invidiabili, e poi teiere, cuscini, tappezzerie, tessuti … tutto contribuisce a creare un calore intimo e bello.

Se siete alla ricerca di un libro sugli unicorni ecco questo è il libro giusto.

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Margherita e l’unicorno Briony May Smith - Loredana Baldinucci (traduttrice) 40 pagine Anno 2022 Prezzo 15,50€ ISBN 9788869669545 Editore Il castoro
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