Mi è capitato di leggere antologie poetiche di diversi autori, ma l’impressione che dà la lettura ripetuta di poesie in cui si alternano solo due voci è particolarmente interessante, perché la reiterazione fa emergere con evidenza tratti peculiari dei poeti che nella lettura della singola composizione forse si perdono.
Questo è stato il primo grande regalo che ho ricevuto alla lettura di Canti dell’inizio canti della fine firmata in contemporanea da Bruno Tognolini e Silvia Vecchini, che declinano 20 momenti della vita, raccontandone l’inizio e la fine per un totale di 40 poesie.
Ciò che c’è al centro delle poesie, dunque, non è tanto l’evento in sé, ma quei due attimi di confine e passaggio (il finis latino ‘confine’), quando sta per accadere qualcosa o quando sta per finire.
Le soglie sono scomode, perché il desiderio è quello di essere nel cuore degli avvenimenti, eppure quello che accade nelle transizioni è prezioso e cruciale. E se agli inizi qualcosa è stato dedicato (basti pensare alla celebre frase di Pavese «L’unica gioia al mondo è cominciare. È bello vivere perché vivere è cominciare, sempre, ad ogni istante»), alle fini si cerca di non pensare mai.
Il poeta e la poetessa, invece, non si ritraggono dalla scomodità e provano una declinazione originale di entrambi i momenti nel moltiplicarsi delle occasioni: e se c’è lo scontato inizio e fine della scuola o l’inizio e la fine delle vacanze, ci sono anche l’inizio e la fine del pianto, l’inizio e la fine della pioggia, l’inizio e la fine della casa, l’inizio e la fine del teatro…
È chiaro fin da subito che la poesia non mira a una costruzione logistica (quando mai!), ma indaga l’accavallarsi di emozioni, desideri, ricordi in una interpretazione linguistica che è propria di ciascuno.
Tognolini canta con un ritmo incalzante, battente, dove la ripetizione, l’allitterazione e il ritmo si intrecciano senza dare tregua, la Vecchini invece utilizza la ripetizione delle parole approfondendone di volta in volta il significato e tra i versi, spesso liberi, le immagini si destano timide parola dopo parola, in un’armonia diffusa. È come se Tognolini riuscisse con occhio attento a descrivere ai lettori tutto ciò che accade sulla superficie del mare, ogni riflesso, ogni increspatura, le poesie di Silvia Vecchini invece sembrano provenire dal fondo del mare come echi che risalgono in superficie.
Bruno Tognolini descrive esattamente quello che accade all’inizio della gara:
«e così ora comincia
mille frulli di farfalle nella pancia
mille spilli di formiche nelle gambe
nelle orecchie spaventate mille trombe
ora comincia
mille cicale mi dicono rinuncia
mi sussurrano con le vocine verdi
se rinunci non vinci, ma non perdi
ma poi comincia
e nella pancia mi suona forte il fischio
e scoppia il sole splendido del rischio
di farfalle felici alle mie spalle
di formiche che mi corrono la pelle
di cani amici in cuore a precipizio
perché le gare si vincono all’inizio
non alla fine, correte bestioline
con tutta l’aria e l’anima che c’è
forze bambine
correte insieme a me»
Silvia Vecchini dipana con gentilezza la malinconia e il dolore della fine, lasciando che fiorisca davanti ai nostri occhi:
«sulla fine
si dicono da sempre
tante cose
solo rose, solo spine
forse è un prato
un po’ selvatico
esposto alle gelate
alle brine
ti pare tutto spento
ma sotto sotto pronte
ecco le corolle
le prime
di una nuova fioritura
e se ancora non ci sono
aspetta
ribelli di natura
gli inizi si nascondono
nella conclusione
nel finale della storia
nei titoli di coda
nella cerimonia dei saluti
nel partire
nei congedi
negli addii
nella fine
che nessuno vuole dire
negli ultimi minuti
e nel silenzio che faremo
tutti insieme
ora che finisce la parola
metterà il suo seme
chissà che cosa nuova»
È poi interessante seguire i leggeri spostamenti interpretativi dei due poeti (ad esempio Tognolini nella Fine di me non parla della morte, ma del confine della persona) o ascoltare i loro dialoghi che, a volte, sembrano legare le due poesie in un unico testo poetico come nell’inizio e nella fine della pioggia.
E quanto è bello leggere una dopo l’altra Inizio della vacanza e Fine della vacanza dove all’inizio non c’è niente, se non un’eccitazione piena di attesa che quasi non riesce a stare ferma e alla fine la ricchezza di immagini ed esperienze è quasi ubriacante, ma pregna di una malinconia struggente. E come non rimanere stupiti dal fatto che l’inizio e la fine dell’infanzia si rivelino due inizi carichi di attese e promesse.
I collage di Giulia Orecchia si muovono con leggiadria tra le parole, raccontando a loro modo la metamorfosi e il cambiamento in atto: bravissima!
Insomma vorrei poteste leggere ognuna di queste 40 poesie, ve lo auguro e lo auguro ad ogni bambino, dai 7 anni.