Martin lo scheletro di Triinu Laan è un libro sorprendente che dichiara apertamente la sua nascita lontano dall’Italia (l’autrice è estone). Quello che troneggia in copertina, infatti, è uno scheletro coperto di lumache che non fa pensare ad un allegro protagonista di Halloween, unica deroga concessa alla rappresentazione della morte in ambito italiano.

Lo straniamento viene ulteriormente amplificato, quando ci si addentra nella lettura, perché ci si accorge che non solo appare uno scheletro ma questo è il protagonista:

«Martin è vissuto nell’angolo di una classe di una grande scuola e ha aiutato i bambini a studiare l’anatomia. […] Martin, che era ancora senza nome, si era stufato di starsene sempre in quell'angolo della grande scuola. Era diventato vecchio, aveva perso qualche osso e non voleva più lavorare come scheletro a scuola. Desiderava invece diventare UNO SCHELETRO IN PENSIONE. Un giorno una maestra si è accorta che qualcosa era cambiato, in quello scheletro. Così ha telefonato al vecchietto e gli ha chiesto se aveva bisogno di uno scheletro. “Ma certo!”, ha risposto il vecchietto»

Questa coppia di anziani decide, dunque, secondo un criterio che appare assurdo, di portarsi a casa uno scheletro, trattandolo come un amico di famiglia.

A raccontarcelo è Martin stesso che esprime i suoi pensieri e racconta la sua nuova vita attraverso la voce del narratore onnisciente. I tanti episodi che si accavallano uno dopo l’altro lasciano esterrefatti i lettori in un crescendo di incredulità. Martin viene trattato come una persona pur nella sua peculiarità di essere scheletro: il vecchietto aggiusta le ossa malmesse di Martin, poi lo veste perché non abbia freddo, Martin regge la legna mentre la vecchietta li lancia nel falò, spaventa i ladri che entrano di notte in casa…addirittura Martin fa il bagno con i nipoti che dallo scheletro non sono minimamente impauriti anzi incuriositi e lo coinvolgono immediatamente nei loro giochi.

Quello che si mostra come un romanzo breve, scandito in ancor più brevi capitoli, risulta sbalorditivo pagina dopo pagina.

Il linguaggio è tipico della contemporaneità: il testo presenta dei periodi spesso monoproposizionali dove la costruzione sintattica e le reggenze periodali sono divisi da punti fermi, la segmentazione è sicuramente la cifra stilistica. Tuttavia questa asciuttezza viene resa sfaccettata dalla tessitura dell’assurdo, che rende ogni capitolo imprevedibile.

Ad arricchire questo testo contribuiscono, poi, in modo determinante le illustrazioni di Marja Liisa Plats che aggiungono un gusto a metà tra il macabro e l’umoristico: l’insistenza con cui Martin viene ritratto ricorda costantemente che, pur nell’apparente quotidianità delle scene descritte, il protagonista è uno scheletro, che tra l’altro La Plats non umanizza mai (non cambia mai espressione, ad esempio!).

Io sono andata avanti nella lettura, temendo che la presenza di Martin fosse preludio e presagio di morte imminente (per deformazione adulta?), nonostante nulla della trama introducesse elementi perturbanti.

Addirittura il vecchietto e la vecchietta, in un capitolo, scherzano sul fatto che il vecchietto vorrebbe, una volta morto, essere sepolto con Martin che negli ultimi mesi si è conquistato il primato di amico del cuore e la moglie ride di gusto, immaginandosi cosa potrebbero immaginare gli archeologi, dei secoli successivi, che trovassero una bara con i due scheletri abbracciati! 

Stavo ancora sorridendo per questa ennesima prova di assurdità che nella pagina successiva la vecchietta inaspettatamente muore.

«Martin, tutto sommato, è piuttosto d’accordo con l’idea del vecchietto. Gli sembra un buon piano. E vuole rassicurare la vecchietta. Al funerale, quando sarà il momento, Martin intende comportarsi proprio come si deve, sdraiato di fianco al vecchietto. […] Succede invece che è la vecchietta a lasciare per prima questo mondo, all’inizio della primavera»

Nelle parole che accompagnano il racconto c’è il dolore, ma non c’è nessun dramma, anche questo passaggio così come la presenza di Martin viene accettato come una normale svolta della vita.

«Quando arriva quel momento dell’anno in cui fioriscono i tigli, il vecchietto pensa che stavolta la vecchietta non potrà più raccogliere i fiori per fargli il tè, e allora decide di raccoglierli lui stesso. Sono tanti e il vecchietto li mette ad asciugare sul terrazzo. Poi prepara il tè con i fiori freschi e va a berlo con Martin nella cucina estiva. Il tè ha proprio il sapore di tutto il tempo che ha trascorso insieme alla vecchietta. “Tè di tiglio”, dice il vecchietto e suona come una parola magica. Gli sembra che fino a quando quelle parole esistono ancora e c’è ancora qualcuno che sa dirle, allora va tutto bene. “Tè di tiglio”, ripete Martin. “Tè di tiglio”, dice la vecchietta che è andata silenziosa a sedersi in braccio a Martin»

La storia dunque continua e lo fa uno sguardo estremamente speranzoso e sereno, rivolto all’infanzia.

Questo romanzo si legge facilmente - anche se difficilmente purtroppo temo sarà consigliato, dato il protagonista - eppure tra queste pagine ho trovato una storia inaspettata e poetica nonostante lo scheletro, anzi forse proprio grazie a Martin.

Martin lo scheletro Triinu Laan - Marja Liisa Plats 64 pagine Anno 2024 Prezzo 13,00€ ISBN 9788876096068 Editore Sinnos
Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *