Uroboro è il primo romanzo della collana Notturni dell’editore Piuma, un progetto editoriale interessante sia nella forma che negli intenti:
«A te che hai letto questa storia nata in un luogo misterioso, dove le certezze scompaiono e le paure disorientano, lanciamo una sfida: resta ancora con noi tra le ombre, dove gli altri romanzi di questa collana sussurrano, in attesa di essere letti dai veri temerari delle inquietudini. Sappi che, se accetterai, dovrai affrontare nuove terribili avventure, perché come un vero eroe dovrai scendere nell'abisso delle parole e trovare, con l’aiuto di noi gufi scrittori della notte, la forza che illuminerà, come una stella, il tuo cammino»
Letizia Iannaccone firma il primo volume, Uroboro, un romanzo breve ben costruito e particolareggiato che parte dall’ampia tradizione delle storie di fantasmi per trasformarsi in qualcosa di più sfaccettato che tocca il fantasy e la narrazione introspettiva.
La trama dei collegamenti intertestuali è evidente: tante storie e tanti luoghi letterari sono convogliati in queste righe anche quasi in forma di citazione esplicita (gli animali guida, i tre regni, la stessa fisionomia delle tre zone dell’Altra Parte, Bosco sacro, Roccia dell’Orso, Piccola Isola) ma questo intreccio, lungi dall’essere una “copiatura”, sa costruirsi come un mondo coerente e chiaro, entro cui l’avventura si svolge con tensione e pathos.
Il romanzo si apre in media res, nello spaesamento di un ragazzino che si trova in un mondo che risulta riconoscibile ai suoi occhi ma con qualcosa di strano: si insinua immediatamente una sensazione di estraneità che crea una frattura tra i mondi e che immette nella narrazione un’inquietudine tipica delle storie di fantasmi.
Non ci si mette molto a capire che ci troviamo in un mondo che il protagonista vive con altre potenzialità: può attraversare i muri, non viene visto… insomma si è trasformato in un fantasma!
Quella che si innesta come una storia di fantasmi si tramuta però velocemente in un fantasy dove il giovane protagonista, Giona, grazie ad una gatta, Mezzacoda, che gli farà da guida passerà all’Altra Parte, ricostruendo e accettando la sua morte, legata a una lunga malattia oncologica.
«Per passare dall’Altra Parte era necessario ricordare e accettare la propria morte. Per molti umani era complicato, avevano spesso faccende in sospeso, sogni per cui lottare ancora o vite felice a cui non volevano rinunciare»
Progressivamente ci avventuriamo in un mondo tripartito, ben costruito e abitato ampiamente da animali antropomorfi, dove accanto al mondo dei vivi, c’è l’Altra parte e la Fascia di Mezzo che accoglie tutte quelle anime che non hanno fatto pace con la propria dipartita o con la propria vita precedente.
Questa struttura è chiamata Uroboro dal simbolo antico che rappresenta l’infinito ricrearsi:
«“Questo termine ha origini davvero antiche, così antiche che molto tempo fa il suo significato fu intuito persino a Vecchio Mondo. Per noi indica il qui e ora come anche il prima e il dopo, oltreché l’essenza di ogni essere vivente e di ogni luogo”»
In effetti, il mondo dei morti, pur strutturato in distretti e abitato stabilmente, permette ai suoi abitanti di ritornare al mondo dei vivi attraverso delle scale che puntano verso il cielo, in un ciclo continuo di rinascita.
Animali e esseri umani abitano nell’Altra Parte in ugual misura e con uguale coscienza, e se i primi difficilmente si rimettono nel flusso della vita - più soddisfatti della libertà e dell’autonomia concessa in questa nuova dimensione - gli esseri umani difficilmente si fermano, preferendo invece ritornare alla vita in qualsiasi altra forma.
Tra gli umani che si fermano nell’Altra Parte ci sono dei personaggi chiave (Voci) che, collaborando con gli animali (Viaggiatori), hanno il compito di mantenere l’equilibrio di Uroboro e di richiamare dalla Fascia di Mezzo le anime smarrite per condurle alla pace.
Giona arriva in un momento di profonda crisi: Cecilia, una Voce, si è mostrata incapace di riconciliarsi fino in fondo con il proprio passato e ha deciso di utilizzare il suo potere per entrare in contatto con la sua famiglia nel mondo dei vivi. L’equilibrio dei mondi è a rischio e i fantasmi incompiuti si assiepano intorno a Cecilia, nutrendosi del suo dolore.
Giona, Mezzacoda, le altre Voci e i Viaggiatori si uniranno per contrastare questo potere fuori controllo e far ritornare i fantasmi alla pace del loro posto.
La narrazione è condotta in modo efficace: il mondo narrativo è ben costruito, i personaggi particolareggiati, l’avventura ha una buona tensione narrativa e riesce ad equilibrare la parte fantasy, il terrore e la presa di coscienza di Giona. Perché tra sussurri magici, fantasmi arrabbiati e foreste magiche, si compie anche il viaggio di riconciliazione di Giona con la propria morte che appare come un passaggio in continuità e in rispetto di quello che è stato prima. Questa nuova coscienza è dolorosa ma anche pacificante e coinciderà, per Giona, con il trovare la propria voce.
La penna della Iannaccone è scorrevole e precisa nel tratteggiare spazi, passaggi e personaggi… Unica osservazione è che la focalizzazione sul protagonista che amplifica ottimamente il senso di smarrimento del protagonista, a volte si alterna a passaggi in cui il narratore sembra diventare onnisciente, lasciando smarrito il lettore.
Perfette le illustrazioni di Paolo D’Altan.
Una buon primo libro che non cede al “tema” e che non si fa sedurre da facili soluzioni, per una collana che terrò d’occhio.