Leila Berg nella Londra degli anni del Dopoguerra, quello che la generazione di Rodari, Lodi, Milani fu per l’Italia. Come scrittrice portò avanti un’appassionata battaglia per l’educazione alla lettura, ma soprattutto per il diritto di ogni bambino di incontrare la letteratura. La Berg si impegnò nella scrittura di libri e programmi televisivi diretti a tutti i bambini, portando davanti agli occhi dell’opinione pubblica le condizioni delle classi socialmente più fragili e i loro diritti negati. Il suo lavoro si sintetizza, nel 1977, nelle pagine di un saggio, Leggere e amare, riportato in Italia nel 2024 da Babalibri.

Il testo è originale e molto interessante sia per il tono schietto e diretto che per la scelta delle argomentazioni. Leila Berg, infatti, pur avendo come obiettivo quello di raccontare come far amare la lettura ai ragazzi, dedica una parte sostanziosa del suo ragionamento alla descrizione dell’approccio comunicativo con i neonati. 

La domanda è lecita: per quale ragione? I bambini che approdano a scuola sono profondamente diversi dai neonati, perché dunque partire da così lontano? 

La tesi della Berg è che la possibilità di appassionarsi alla letto-scrittura e, di riflesso, alla letteratura nasca proprio dall’esperienza che i neonati fanno di una comunicazione soddisfacente o meno. Nel relazionarsi con gli adulti, il neonato memorizza immediatamente se è ascoltato e rispettato nelle sue richieste e questo fa, per la studiosa, una radicale differenza.

Con molto tatto, ma anche con molta decisione la Berg racconta l’esperienza dell’osservazione di suo nipote, dal postparto in una casa della maternità, fino delle prime esperienze relazionali con la figlia, a casa: la ricerca di un linguaggio condiviso e di una intesa diventano la trama di un reciprocità voluta ed amata.

«Quando un bambino ha, da una parte, la certezza che un adulto possa offrirgli cose appaganti e piacevoli per i suoi sensi e dall’altra la sensazione di avere a sua volta qualcosa di profondamente amorevole da offrire, il punto di incontro tra queste due “offerte” genererà uno stato di benessere: sarà allora che il bambino giungerà con naturalezza alla comunicazione, alle storie e, io credo alla lettura e alla scrittura»

È proprio la fiducia in questa relazione che genera amore e desiderio di comprendere e di farsi comprendere. La condivisione di momenti di gioia e di dialogo spianano la strada all’esperienza del libro e della lettura - prima nella condivisione di poesie e ninnenanne - e solo in questo modo si genererà un circolo virtuoso che permetterà al bambino di continuare a comunicare e a considerare con curiosità gli oggetti che l’adulto gli presenterà.

La questione del legame e della relazione si intrecciano fortemente, dunque, alla proposizione della lettura come ponte comunicativo con il bambino. 

In questa disanima il contenuto del libro da proporre è tutt’altro che ininfluente, la Berg, infatti, entra nel merito, mostrando come la scelta sia fondamentale: le storie devono entrare nella vita del bambino - sostiene -, rispondendo alle sue domande, descrivendo un mondo riconoscibile, ma anche misterioso, un mondo «non di regine o di Yak ma di orsetti e bibite».

In questo la studiosa è precisa: il bambino deve poter trovare nelle storie strumenti che lo aiutino nella lettura e nella comprensione del mondo e di sé stesso.

«Sono convinta che leggere riguardi precisamente questo: credere in se stessi e avere fiducia nel dialogo»

Dopo questo ampio approfondimento sulla prima infanzia, la Berg giunge alla scuola e racconta come, in questa circostanza, si raccolgano i frutti di ciò che è stato precedentemente costruito.

Come si può pretendere che un bambino dia ascolto, se non è mai stato ascoltato? Se un bambino ha fatto esperienza di libri espressamente scritti per addestrarlo alla conformità e al decoro, quanto desidererà incominciare a leggere e a scrivere?

Il testo è ricco di esempi e di osservazioni sul campo di bambini incontrati dalla Berg nelle più disparate circostanze. L’autrice si immedesima in bambini le cui famiglie, o per questioni economiche o per pressioni sociali medicalizzanti, non hanno mai fatto esperienza di una comunicazione soddisfacente e pone queste esperienze come nodi che l’istituzione scolastica deve considerare se desidera che in classe i bambini non solo apprendano a leggere, ma desiderino immergersi nelle storie.

«Per un bambino è necessario camminare e parlare, e per lui camminare e parlare sono cose gioiose, ed è spontaneamente invogliato a farle, perché il mondo che lo circonda da vicino è composto da persone che camminano e che parlano, che lui vuole accompagnare, verso le quali vuole correre, che vuole chiamare, a cui vuole parlare; quando inizia a parlare e camminare, egli scopre nuove gioie che lo rendono più forte e certo che la vita è emozionante il che lo porterà a camminare e parlare ancora. Per un numero più esiguo di bambini la stessa cosa accade con la lettura»

La Berg sottolinea le implicazioni sociali, i necessari sostegni alla famiglia, la necessità di una educazione comunitaria che travalichi il mero addestramento; non mancano anche schiette critiche a certi comportamenti degli adulti (anche insegnanti) che in nome della “lettura” negano la libertà dei lettori.

La conclusione è una verità scomoda che spesso diamo per scontata: sono gli adulti a “tirare i bambini” dentro le storie.

«È molto facile per i bambini afferrare il vero scopo della lettura se qualcuno non lo distorce e se stanno in compagnia di adulti che leggono con piacere»

 Se gli adulti in primis non sono lettori, se dimenticano il valore unico dell’incontro con la letteratura, se i libri saltano fuori solo in contesti di allenamento… quale piacere rappresenterà la lettura per un bambino? Nessuno.

«è forse sorprendente che un bambino - al quale sono negati il proprio ritmo di crescita naturale e il ritmo della lingua che ha imparato naturalmente, la cui esperienza è respinta in quanto senza valore, i cui saperi sono sgraditi perché sconcertanti, che vede le persone per lui importanti e con le quali si identifica trattate con disprezzo - non impari mai a leggere? O se invece impara, attraverso tecniche di insegnamento che sono asettiche, impersonali, astratte e messe in pratica in un luogo speciale, appositamente istituito per legge fuori da casa sua e apprendendo come fa un cagnolino da circo che accetta di saltare nel cerchio per evitare una punizione o per compiacere l'addestratore, è forse sorprendente che non prenda mai più in mano un libro quando esce da scuola? Francamente, per me, e sorprendente che ne escano ancora sani di mente»

Un saggio discorsivo acuto, franco che rimette al centro questioni cruciali come il “perché leggere?” “perché far leggere”, questioni che forse nella contemporaneità dimentichiamo.

Una lettura consigliatissima a neogenitori e insegnanti della primaria.

 

Leggere e amare Leila Berg 200 pagine Anno 2024 Prezzo 22,00€ ISBN 9788883626289 Editore Babalibri
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