La morte è un tema quantomai lontano dall’infanzia, almeno nell’immaginario contemporaneo, e lo è tanto più, poiché esorcizziamo la possibilità che la morte tocchi l’infanzia. Il pensiero, giustamente, ci sconvolge.

Eppure la morte è sempre stata compagna dell’infanzia. Essa è stata la causa stessa della non considerazione dell’esistenza dell’infanzia fino all’800: i bambini non erano visti, non costituivano una categoria dell’esistenza degna di considerazione, perché i tassi di mortalità erano molto alti e quella breve parentesi della vita costituiva un passaggio provvisorio per raggiungere la vita vera, la vita adulta. 

Quando la medicina ha saputo in parte allontanare la morte dall’infanzia, la cultura e la società ha visto per la prima volta i bambini e da allora si sono impegnate per respingere sempre più lontano la morte affinché non toccasse l’infanzia. Eppure l’infanzia mantiene ontologicamente una vicinanza all’origine della vita così come alla sua fine, non solo a livello biologico, ma ad un livello profondo, simbolico ed esistenziale. I bambini lo percepiscono e Maurice Sendak ha dato voce a questa paura recondita in numerosi suoi scritti: 

«Io ho solo un tema di cui raccontare. La questione che mi ossessiona è: come fanno i bambini a sopravvivere?» Maurice Sendak

L’infanzia, infatti, ha un unico destino: quello di finire e di morire, per lasciare spazio all’adultità. Questo passaggio è, da sempre, presente nella coscienza umana che lo celebra e lo compiange con i riti di iniziazione. Anche la letteratura non ha mai finito di parlarne lo ha fatto con i sonni mortali delle eroine delle fiabe, con le strade che si perdono nel bosco… Alice nel paese delle meraviglie di Lewis Carroll, poi, ha reso questa catabasi reale e simbolica in maniera esemplare: Alice scende nelle profondità della terra, per scoprire qualcosa di sé e riemergerne, quando sarà pronta.

La regina della grotta ha ripreso questa narrazione con piglio moderno, ma ugualmente profondo, non a caso di Júlia Sardà con la fiaba ha un profondo legame e una grande sintonia. L’albo illustrato racconta di tre sorelle di diverse età, ma la protagonista è Franca, la più grande, che, ancor prima che il libro incominci, prima ancora che lettore giunga al frontespizio, è indicata come figura chiave:

«Tutto ebbe inizio con una strana sensazione… All’improvviso, Franca non aveva più voglia di disegnare, di fare collage, persino di leggere…»

Attraverso quella che è una narrazione lunga, un libro illustrato più che un albo illustrato, Júlia Sardà conduce il lettore in quella che apparentemente è una storia contemporanea, ma che con la fiaba condivide moltissimo: non è un caso che Franca sia vestita con un completo che sembra uscito da una fiaba russa e sua sorella Carmela indossi un cappello da strega.

Franca, dunque, nella noia di un pomeriggio ozioso, tra i giocattoli di casa, sente un richiamo al quale non può sottrarsi:

«“Voi non vi sentite… strane?” domandò Franca. “Come quando è domenica è fuori comincia a far buio? […] È come… come quando hai fame, ma niente ti sazia…”»

Il richiamo è indefinibile, ma inappellabile: non può essere ignorato! Ecco dunque che Franca, insieme alle sue sorelle, esce seguendo l’intuizione di un sogno in cui è apparsa una meravigliosa regina che vive nell’oscurità di una grotta: deve essere lei a chiamarla.

Il viaggio fuori dalla porta di casa conduce le tre sorelle nel bosco e poi impercettibilmente, ma inesorabilmente, sempre più a fondo e sempre più in basso. Le illustrazioni della Sardà, che avevano descritto un bosco, si fanno decorative e oniriche, chiaramente riferibili al raggiungimento di un mondo che è sotterraneo: bruchi, insetti, vermi, formiche tutte creature che abitano nel sottosuolo. 

«“Stiamo sognando?”, domandò Tomasina mentre strabuzzava gli occhi stupita per ciò che vedeva di fronte. Era diventata più piccola? O era tutto il resto a essere cresciuto attorno a lei? “Io non sto sognando”, disse Franca. “Anzi non sono mai stata così sveglia. […] Seguitemi sorelle”»

Le sorelle partecipano a processioni che appaiono gli occhi dei lettori come veri e propri rituali di iniziazione, ma che sono in realtà solo una fase di avvicinamento a quello che è l’incontro. Via via sempre più nel buio, nel profondo, tra pipistrelli, stanze abitate da spiriti e poi streghe, orchi, perfide creature… l’oscurità è rischiarata solo da eccentrici spiritelli del fuoco.

«Poi videro Franca… ma non era proprio lei. La regina era Franca? non era ciò che Carla e Tomasina si aspettavano»

L’incontro mette di fronte Franca e una Franca specchiata, ma sporca, con la corona e i denti acuminati: è Franca, ma non lo è. La protagonista si trova di fronte a quello che Carroll ha rappresentato sinteticamente come uno specchio che si può attraversare per accedere ad un altro mondo: di fronte all’imponenza di questo incontro, abbiamo da una parte la sorella maggiore che desidera esplorare tutto quello che questo nuovo incontro permetterà e significherà, ma ci sono anche due bambine che hanno un’idea diversa.

«“Sorelle, ascoltate! Andiamo con lei! Quaggiù potremmo fare tutto quello che vogliamo! SIAMO LIBERE”, urlò Franca e euforica»

In quell’attimo che dovrebbe essere culminante, le due sorelle piccole iniziano ad accusare una stanchezza e una estraneità:

«“Mi fanno male i piedi, ho freddo, fame e voglio tornare a casa. E tu, Carmela?”»

Con molta libertà le sorelle si dividono Franca e l’altra Franca esplorano euforiche le nuove possibilità che con questo incontro si sono aperte ai loro occhi (e di cui al lettore non viene detto niente!), mentre caute e stanche le due sorelle rientrano a casa. Quando la notte è sopraggiunta e le piccole sono nel letto, anche Franca ritornerà di nuovo a casa: è una Franca uguale, ma contaminata da qualcosa che apparteneva all’altra Franca.

Solo Carmela, la sorella di mezzo, è sveglia:

«Franca! Cos’è successo?”, sussurrò Carmela. “Lo vedrai tu stessa, il giorno in cui ci andrai”»

I riferimenti al fiabesco, alla strega, alle trasformazione e alle metamorfosi e persino i riferimenti alla morte sono evidentissimi, in queste pagine, eppure nel perturbante, comunicato perfettamente dalle illustrazioni, c’è una dimensione esistenziale che mostra come queste figure non siano pretesti, non siano figure carnevalesche, cliché orrorifici…ma anzi una parte esistenziale e ineliminabile che appartiene alla vita anzi, ancor meglio, all’infanzia. La narrazione non si premura di descrivere e spiegare, tiene dritta la barra sui dialoghi e sul sentire di Franca, in un perfetto equilibrio tra desiderio e malinconia, tra nascita e vita.

Uno splendido racconto sulla morte dell’infanzia e sulla nascita di un’adolescente.

La regina della grotta, L'ippocampo Júlia Sardà - 64 pagine Anno 2023 Prezzo 15,00€ ISBN 9788867228201 Editore L'ippocampo
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