Inga Moore, illustratrice anglo-australiana, ha fatto dell’amore per le campagne inglesi del Gloucestershire un tratto inconfondibile delle sue illustrazioni. Nata nel 1945, divenne famosa per le illustrazioni - meravigliose! - che le furono commissionate come accompagnamento a Il vento tra i salici di Kenneth Grahame. Esattamente in linea con lo spirito e lo sguardo di Beatrix Potter, che faceva dell’amore per le campagne, le piante, le tane e gli animali inglesi la sua forza, la Moore venne chiamata ad illustrare altri grandi classici inglesi, da Il giardino segreto, a Il drago recalcitrante, a Il fantasma di Canterville. Premiata con numerosi premi si cimentò anche con lavori di scrittura, rimanendo nell’alveo della campagna inglese. In Italia il suo lavoro è parzialmente sconosciuto, anche se immediatamente riconoscibile per il suo stile. Qualche anno fa Orecchio Acerbo pubblica uno dei suoi lavori più recenti, Il talento di mister Alce, un lavoro del 2021 e l’anno scorso arriva anche Una casa nel bosco, un libro che sembra appartenere allo stesso universo narrativo - appaiono gli stessi protagonisti! - ma che è stato scritto 10 anni prima, nel 2011.
Il libro era rimasto sulla scrivania, in attesa, poi qualche settimana fa ha mostrato ai miei occhi tutto il suo valore nell’associazione che mi è stata suggerita da un film, The Whitman, ambientato in parte in una comunità Amish americana. Nel film c’è una sequenza molto bella in cui tutti gli uomini della comunità sono impegnati nella costruzione di un fienile, un lavoro coordinato come se fosse un’esecuzione d’orchestra. Il fienile viene eretto gratuitamente, in una giornata, come regalo di buon inizio ad una coppia che si è appena sposata. Il tema della casa-fienile si presta in modo sottile e interessante a trasformarsi in un augurio di benvenuto e quella felicità quieta che segue all’epica sequenza di costruzione mi ha ricordato questo albo. Era arrivato il momento di parlarvene.
Il primo impatto catapulta il lettore in Gran Bretagna tra grandi alberi centenari, in una nebbioso bosco, anche se, immediatamente dopo, la contemplazione è “turbata” da un piccolo, placido maiale seduto su una radice e da un altro nascosto più in là.
«Un piccolo maiale si era fatto una tana nel bosco. Un altro piccolo maiale si era fatto una capanna lì accanto»
Il lettore non potrà non sorridere nell’immaginare come “essere seduto su una radice” o “accatastare quattro rami” possa coincidere con “farsi una tana”, ma la Moore dissemina queste disarmanti dichiarazioni, di matrice infantile, lungo tutti i suoi racconti.
Il sorriso si fa ancora più grande nel vedere con quali movenze bambinesche i due porcellini si muovano nella fiabesca foresta autunnale, godendo di bastoncini e piume trovati per terra. Sulla falsariga della storia dei tre porcellini, anch’essa incentrata sul valore della casa, al rientro nella loro fantomatica tana i due trovano due amare sorprese: una grande Orsa e una grande Alce sembrano aver occupato i loro posti!
A questo punto, la compagnia improvvisata si pone un interessante quesito:
«perché non costruire una grande casa dove vivere insieme?»
I personaggi placidi e tranquilli si dirigono al telefono del bosco, con l’intento di chiamare i castori, specialisti nel campo. L’accordo è presto fatto: in cambio di un pagamento in panini e burro di arachidi, i castori si mettono all’opera. Grazie ai loro caschetti tecnici e ai loro denti acuminati il bosco si trasforma in un cantiere a cielo aperto.
Assi da segare e da inchiodare, pietre da spostare, malta da impastare, tronchi da accettare… in una scena che ricorda esattamente il film vengono erette le pareti e nell’immagine seguente ci si ritrova - allo stesso modo - a mangiare insieme in un brulichio di persone sulle impalcature.
«Entro l’ora di pranzo avevano tirato su le pareti… E all’ora del tè era pronto il tetto. (Naturalmente l’ora di pranzo e quella del tè erano in giorni diversi. I castori sono veloci ma non così tanto veloci). Orsa costruì scale e comignoli mentre Alce montò porte e finestre»
Avere quattro mura, però - si sa -, non significa aver costruito una casa. Ed infatti i piccoli Maiali insieme ad Orsa e Alce si dirigono dai robivecchi (scoiattoli e tassi) da cui acquistano suppellettili e stoviglie. E poi? Manca solo la ricompensa ai castori. La piccola compagnia si avvia, dunque, alla bottega di Asino, Topo e Cane dove acquistano gli ingredienti necessari per poter generosamente ricompensare i castori.
«Erano stati giorni impegnativi per Alce, Orsa e i piccoli Maiali. Avevano lavorato sodo, soprattutto Orsa. Ne era valsa la pena? Voi che ne dite?,Guardate! Che bella casa nuova in cui sentirsi a casa!»
La casa (solida!), in perfetto stile inglese, con i camini accesi e i morbidi divani è il luogo perfetto in cui rifugiarsi e dove, dopo le storie attorno al fuoco, non manca altro che dotarsi di borsa dell’acqua calda e rifugiarsi tra le morbide coltri.
È molto difficile poter descrivere compiutamente il tema di questo libro perché può essere letto come una storia della notte, un libro sulla casa, un libro sull’amicizia, una riscrittura dei Tre porcellini… in realtà in questo libro c’è tutto questo ed è proprio tutto questo che lo rende così godibile.
Il bosco nei suoi caldi toni autunnali accoglie i lettori, li coccola, li accompagna nel lavorìo di costruzione di una “tana”, necessaria a trascorrere ogni inverno e ogni notte.
È la costruzione di quella tana-casa, la premessa necessaria perché possa effettivamente compiersi quell’abbandono gioioso che non ci fa dire altro che:
«Sogni d’oro!»
Un bellissimo libro autunnale che potrà accompagnarvi in questi giorni con lentezza.