Sapete parlare la lingua degli insetti? Carson Ellis ci regala un libro in questa lingua e senza nessun supporto di traduzione: ecco a voi Te to té?.

L’idea certo non è nuova, in Italia Tararì Tararera in lingua piripù è un libro che spopola e anche noi lo abbiamo apprezzato. Il lavoro di Carson Ellis ha però un pregio immediatamente evidente rispetto al libro di Emanuela Bussolati: ha delle immagini splendide. Inoltre, se ci addentriamo nell’analisi del testo, le differenze sono molte più che le affinità.

Innanzitutto la struttura narrativa di questo bell’albo è circolare e ben scandita temporalmente. Le doppie pagine, come una inquadratura ripresa da una telecamera fissa, sono puntate su un tronco reciso in un campo di terra, da cui una fredda mattina di primavera spunta un germoglio. Le storie che si intrecciano e i personaggi che fanno la loro comparsa nello spazio di questo limitato palcoscenico sono molte: impercettibili mutazioni che, come nella vita, passano spesso inosservate facendo però la differenza.

«Te to té?»

Certo la storia e l’interesse principale ruotano intorno al germoglio che, in modo evidente, pagina dopo pagina, cresce imperterrito con grande gioia degli diversi insetti dalle livree meravigliose: «Paratà ne panà! Su. Bodidù badalan. Gimi». Ma attenti a non perdere di vista tutto il resto, perché se alcune sorprese si svelano con lo svolgersi della narrazione (gli anelli annuali del tronco sulla sinistra svelano un porticina di hobbittiano sapore), altre vi sembreranno apparire dal nulla se non avete colto i millimetrici mutamenti che sono avvenuti pagina dopo pagina (l’erba? la volva del fungo? il rametto dormiente?).

Il protagonista si svelerà alla fine in tutto il suo splendore, ma parallelamente alla sua storia le avventure dei piccoli insetti si sprecheranno: grandi progetti, colonne sonore, arrembaggi improvvisi e repentini cambi di sorte, grandi feste e cappottini, devastazioni e improvvisi, dimenticati miracoli. Poi la neve, il silenzio. «Te to té?». E tutto sembra ricominciare, è passato un anno, quattro stagioni e ci troviamo di nuovo da capo, ma in modo totalmente differente.

Lo stile di Carson Ellis è riconoscibilissimo: le atmosfere magiche, la linea sottile che decora nei piccoli spazi e nei dettagli ma che non contorna mai, il gusto decorativo, i colori caldi, ma mai brillanti, l’omogeneità e l’accordo delle sfumature, il grande e il piccolo inaspettatamente accostati, il bianco sporco ma imponente che comunica la fissità.

Vi è una grande armonia delle pagine, un tempo lento e cadenzato che invitata a sfogliare il libro come un silent book, ma ugualmente regalerà grandi sorrisi ai bambini che vorranno impersonare la lingua degli insetti (ottimo consiglio per le lettura ad alta voce!).

Lo svolgersi circolare dell’avventura non lascia spazi ad ipotetici secondi capitoli (come invece è avvenuto per Tararì tararera): questa storia si fissa nell’incanto sospeso dell’eterno ritorno. Tuttavia la varietà dei personaggi intervenuti e la prospettiva del minuscolo che si scontrerà con il gigante (un pennuto nel nostro caso) regalano a questa storia la minutezza dei piccoli giocattoli, senza perdere tutto il fascino della natura che si trasforma silenziosamente, stagione dopo stagione.

Io e Saverio abbiamo molto riso!

Te to té?
Carson Ellis (traduttore: sarebbe interessante conoscere chi ha pensato il passaggio da Du iz tak?)

48 pagine
Anno: 2016

Prezzo: 12,90 €
ISBN: 9788854031821

White Star editore

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