Vincent Cuvellier è famoso ai più per il toccante libro dedicato alla maternità (La prima volta che sono nata, Sinnos editore) eppure l’autore francese è poliedrico e tra i suoi ultimi lavori, La zuppa dell’orco, una fiaba terrorizzante e cruda, mi permette di presentarvi un illustratore italiano per il quale farò il tifo alla Mostra degli illustratori della Fiera di Bologna di quest’anno: Andrea Antinori.

Al di fuori del tempo e in uno spazio indefinito, nel luogo dove si svolgono tutti gli eventi fiabeschi, lì, nel paese della neve e della notte, abitava Josef insieme ai suoi sei fratelli e ai suoi genitori «nella casa più povera del quartiere più povero della città più povera dell’intero paese». Le iperboli che descrivono la situazione e la quotidianità di questa famiglia si rincorrono e creano una quadro talmente teso che ci aspettiamo che, da un momento all’altro, la situazione precipiti. E così è.

«Il padre di Josef era un uomo lungo e giallo e non lavorava mai. “Non mi piace lavorare”, diceva, “mi stanca”. Sua madre era una donna grassa e rossa, e neanche lei lavorava. “Non ho tempo io!”, strillava, agitando la scopa contro il cielo».

La povertà, la prole numerosa, la fame… se in Pollicino (nella versione di Perrault e non in quella dei fratelli Grimm, si badi bene!) la necessità determina l’abbandono dei bambini, in questa storia la soluzione ideata dai genitori è più cruenta, ma non per questo inusuale: «“Così faremo con Pavel. Martedì gli taglieremo un braccio e con l’altro potrà mendicare”. Il padre sussultò e guardò la moglie spaventato. “Un… un braccio… vuoi tagliare un braccio al mio Pavel?” … “Un bambino con un braccio solo! I ricchi svuoteranno le tasche e daranno una fortuna a quel piccolo monco”».

Abituati ai genitori poco amorevoli, le fiabe ci insegnano anche che i figli più piccoli sono spesso anche quelli più ingegnosi e intelligenti e infatti Josef, per evitare che i genitori gli cavino gli occhi (sì questo era il progetto sul suo destino…), si finge cieco, prendendo in contropiede la crudele genitrice. L’apparente cecità del piccolo Josef frutta ai 7 sette fratelli un’elemosina sostanziosa e i bambini, ancora non impensieriti dai progetti crudeli dei genitori, tornano a casa. Ma la situazione ha un esito inaspettato, è la primogenita Giudilla a scoprirlo nella notte più fonda nascosta nell’angolo più buio: «Guarda che cosa è successo oggi. Da cieco Josef  ha raccolto più denaro di quanto ne abbiamo mai visto in un mese. Quindi mettiamoci al lavoro. Tagliamo, tranciamo, seghiamo. Facciamo a pezzettini i nostri figli. Tanti bei pezzettini». La decisione è presa, inevitabilmente. «Così decisero e così fecero. I bambini, senza voltarsi indietro, si lasciarono alle spalle la vecchia chiesa di legno, il lago ghiacciato, la piccola casupola che era stata la loro casa ed entrarono uno dopo l’altro nel bosco oscuro e segreto».

Il bosco rappresenta il luogo di passaggio e di crescita dei personaggi fiabeschi e questo rappresenta per i 7 fratelli che, dopo aver vagato affamati e spaventati nel bosco, a notte inoltrata arrivano, indovinate: alla casa di un orco, che naturalmente vuole mangiarsi i teneri bambini. A questo punto, però, l’autore si sgancia dalla tradizione della fiaba, donando al suo racconto un finale aperto e in parte speranzoso: è un violino, la fame e forse la vita triste che tutti i personaggi conoscono ad accomunare quella strana congrega.

«Quella sera, dopo cena ci fu una bella festa in quella casa persa in mezzo agli alberi. Visto che i bambini avevano le mani, se le strinsero forte forte. Visto che avevano i piedi, ballarono tutta la notte».

Il corredo illustrato che Andrea Antinori realizza per questa fiaba è ricchissimo di spunti  e di riferimenti artistici. L’illustratore sceglie l’immaginario della fiaba russa, fatta di decori sottili e fiori di rossi e neri e gialli, e il contrasto con la crudezza dei soggetti rappresentati alleggerisce il tono cupo. Le tavole si inseriscono tra il testo senza un chiaro intento descrittivo, eppure le ghiande, i pidocchi, i funghi, gli uccelli multicolori, il corrimano delle scale… tutto concorre a ricreare l’atmosfera fiabesca, legnosa, calda, fredda, inquietante e feroce entro cui si muovono i personaggi. Numerosi i riferimenti alla storia dell’arte da Goya a Chagall, i colori (prevalentemente rossi e neri, ma con guizzi coloratissimi!) e il segno della matita creano un effetto d’insieme materico e coinvolgente, ricco e originale. In questo ambiente cromatico la carta color crema e la font per lettori dislessici si integrano alla perfezione, con un esito complessivo molto omogeneo.

Una fiaba che apprezzeranno i bambini dai 9 anni (il mio 7enne si è troppo spaventato), un illustratore che mostra di avere grandi capacità e che riesce a restituire il sapore noir della narrazione in modo davvero notevole!

La zuppa dell’orco
Vincent Cuvellier - Andrea Antinori - Flavio Sorrentino (traduttore)

62 pagine
Anno: 2016

Prezzo: 11,00 €
ISBN: 9788899010393

Biancoenero editore

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