Storie di storia

Storie di storia

Non è raro che, quando i ragazzi iniziano ad affrontare i temi storici, nasca in loro molta curiosità, alimentata da immagini e fotografie: la storia antica si pone immediatamente come qualcosa di vero eppure non più reale che intriga e affascina.

Se da una parte i libri di taglio divulgativo riescono sempre più significativamente a soddisfare le domande e le curiosità dei ragazzi, il fascino che sa donare una narrazione ambientata in epoche lontane ha qualcosa di più tangibile, perché le abitudini, le usanze, gli spazi… sono appunto vissuti dai protagonisti, offrendo ai ragazzi curiosi un spaccato forse più vivido della vita di tanti anni fa.

Le tipologie di narrazione sono diverse e molto ampia è l’offerta ai ragazzi, io vi parlerò di tre libri che corrispondono a 3 approcci differenti che mi hanno colpito.

All’interno della collana di EL Che storia! Uno dei episodi rinarrati è dedicato all’eruzione del Vesuvio che sommerse Pompei (il titolo è curiosamente L’eruzione di Pompei). La penna a cui è affidata la narrazione è Davide Morosinotto che sceglie di ripensare e riscrivere la fonte principale che abbiamo dell’evento storico – ovvero la cronaca che ne fece Plinio il Giovane – nella sua corrispondenza con Tacito. Il romanzo, dunque, si imposta in maniera epistolare, sebbene l’intera narrazione corrisponda all’unica missiva di Plinio. La voce narrante, sebbene si immagini di un autore contemporaneo agli eventi, è molto didattica e spesso si dilunga a spiegare alcuni dettagli – sconosciuti certo ai lettori moderni, ma noti chiaramente all’interlocutore fittizio:

«“…l’ha trasformata in una fullonica”. Le fulloniche sono le lavanderie, e tu sai, caro Tacito, quanto sia disgraziato questo lavoro: i panni sporchi vengono sistemati in grandi vasche piene di soda, acqua e … pipì»

La cronaca scorre filtrata dalla sensibilità di Plinio che, si immagina rivivere col pensiero le ore drammatiche a cui riuscì a sfuggire indenne, ma che segnarono per sempre il destino della città e inevitabilmente gli occhi di chi vi assistette.

Dopo una breve contestualizzazione della Pompei di allora, il racconto si fa concitato in un crescendo di angoscia e consapevolezza a cui i pompeiani dovettero alla fine arrendersi. Il racconto scorre facilmente favorito da eventi incalzanti che il lettore ha ben chiari nei suoi esiti (la totale distruzione della città), ma di cui non conosce lo svolgersi dei singoli momenti (il terremoto, la cenere, le esplosioni).

La lettere segue il suo corso e alla fine non si può far altro che affidare ai posteri la celebrazione della fine di una città: «le statue racconteranno, per sempre, la grande sventura della città di Pompei».

La bambina faraone, di Isabella Paglia, sceglie invece un diverso periodo storico e invece di narrare un evento celebre, sceglie la biografia di una giovane ribelle, Hatshepsut, faraone-donna.

La prima impressione che si ha dalla lettura del testo, incentrata sulla giovinezza della ragazza-faraone e, dunque, ben lontana dalla cronaca del regno e delle sue gesta, è che la storia sia stata inventata come precedente della (probabile) ben più documentata fase adulta della protagonista divenuta faraone.

Hatshepsut viene descritta come una giovane consapevole e grintosa, una ragazza attenta al suo popolo, coraggiosa, tenace e molto sicura di sé. Nei piccoli episodi narrati dentro e fuori dal palazzo reale emergono scene di vita reale del tempo: gli schiavi, i lavoratori poveri, il Nilo e suoi abitanti animali, i ladri di tombe e le statue degli dei, le malattie, gli intrighi di palazzo e le guerre.

Tra dune di sabbia e gran sacerdoti sboccia l’amore di Hatshepsut per un giovane povero e straniero, un’amicizia forte che si cementa in aiuto e soccorso e che sembra realizzarsi in una amicizia duratura, anzi forse qualcosa di più. L’ultimo capitolo infatti che racconta, con un balzo in avanti, gli albori del regno di Hatshepsut ormai adulta, vede ancora al suo fianco l’amico Sem. Un’amicizia che, si immagina, l’autrice abbia voluto inventare per condire romanticamente una vita di cui poco si sa, invece l’approfondimento storico finale fa scoprire con sorpresa che la vicenda narrata ha un fondamento certo di verità. Molto più che un pretesto aneddotico, i documenti infatti testimoniano che la storia d’amore tra Hatshepsut e Sem è veritiera tanto quanto tutte le azioni politiche della vita del faraone-donna.

Un bel racconto di giovinezza e crescita, una storia di amicizia e di tenacia ben scritta e, incredibilmente, vera.

La terza tipologia di narrazione ci riporta nell’antica Roma. Valeria Conti firma infatti una collana di gialli ambientati nella Città eterna al cui centro vi sono le vicende di 4 ragazzi romani di estrazioni diverse. Nei sotterranei del Colosseo è il primo volume e racconta della misteriosa scomparsa di una scimmietta e degli intrighi che tra insule e gladiatori si intrecciano e si annodano. Di per sé, la componente storica potrebbe sembrare esclusivamente uno sfondo anonimo, invece ho trovato le storie molto interessanti, perché c’è un livello di folklore e di realismo mostrato con naturalezza nell’avanzare della narrazione. Ben lontana dal tono didattico, la storia permette di inserire descrizioni di usi e costumi, integrandoli nell’avvicendarsi di situazioni senza creare “zone didattiche”. I ragazzi vivono nell’insula e noi possiamo sentirne gli odori con loro, la popina gestita dal papà di Tiberio ci accoglie con i suoi cibi e il suo caos allegro, persino le latrine sono descritte per l’uso che ne fanno i protagonisti senza che questo appaia un’integrazione esterna. Senza spiegazioni tecniche, le azioni sono inserite nel contesto con spontaneità e pur seguendo il filo del giallo ci troviamo immersi nella società dell’antica Roma. Il giallo ha un suo svolgersi lineare e non troppo complesso che permette una lettura tranquilla ai ragazzi che, dagli 8 anni, siano appassionati del genere. Un pizzico di suspense e un’amicizia che supera le barriere sociali.

Tra proposte diverse e ugualmente intriganti per lettori-archeologi!

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