Il gioco simbolico non è tra i preferiti di Saverio, sarà forse che non ha fratelli o sarà che la sua personale declinazione simbolica prevede i mattoncini Duplo, fatto sta che a casa, dopo il calcio, l’attività preferita del pargolo è costruire, abbattere e ricostruire torri, piattaforme, navicelle, castelli, piramidi… Io invece ricordo che da bambina mi perdevo in mondi complessi ed elaborati: che strappo sentivo quando dovevo lasciare Maddalena - la mia bambola - nella culla e tornare nel mondo “reale” e andare a scuola, che fatica abbandonare il mantello di vampiretto e andare a cena, che preoccupazione lasciare il mio cucciolo d’orso ammalato nella sua grotta! L’immaginazione, complice il tempo calmo e da riempire, aveva spazio per costruire storie e spazi che oggi ricordo sorridente.

ll mondo dell’infanzia ha questa capacità di trasfigurare il mondo e viverci dentro con una lucidità che difficilmente si recupera da adulti ed è questa la curiosa impressione che mi ha lasciato il libro di Rebecca Patterson, The pirate house.

Il libro era arrivato a casa nostra con l’obiettivo di supplire alla mancanza di albi illustrati di qualità sui pirati: di libri insomma con trame che superassero il “il pirata fa questo, fa quello” e che le illustrazioni non fossero necessariamente caricature tutte identiche di modelli che furono. Tutto faceva presagire che sarebbe stato così, invece il piccolo adorabile Sam Turner (proprio così nome e cognome pronunciati sempre e indissolubilmente uniti), ci stava invitando da un’altra parte.

Sam Turner abita in un quartiere inglese come potreste immaginarveli negli anni ’60: piccoli microcosmi in cui i bambini vivono in comunità strutturate, dove la stanza dei giochi ha per pareti le mura esterne delle case di ciascuno, dove il campo da calcio è la strada e le babysitter sono gli adulti che a frequenza più o meno varia si affacciano dalle finestre o stendono i panni nel cortiletto, probabilmente come i bambini di Akeman Street a cui l’autrice dedica le sua pagine. Tutto incomincia quando un “estraneo” va ad abitare nella casa «on the corner». Gli intrusi e le novità, si sa, attraggono come il miele l’orso, così Sam incomincia la sua osservazione fino a giungere ad una conclusione inaspettata, quanto desiderabile (per lui sicuramente!): gli abitanti «must be… PIRATES!». La banda di Akeman Street, in cui siamo immediatamente inclusi, inizia l’indagine. Effettivamente la casa è circondata da gabbiani, la porta assomiglia ad un oblò, nello stagno del cortiletto rimangono tracce di tesori trafugati da assolate isole tropicali, i rumori d’acqua all’interno non lasciano dubbi, i panni spesi sono - come dire - pirateschi… quando poi «someone said that once a fish fell out the letterbox», tutti sono d’accordo. Insomma non ci sono dubbi e i bambini trascorrono i pomeriggi ad auscultare ogni sommovimento dietro alle finestre della casa, ben attenti e tenere gli occhi chiusi perché se per caso vedeste un pirata farsi la doccia «you turned into a jellyfish». :D Il mistero si infittisce perché mai nessuno fa capolino, probabilmente «they are busy having parties for babies marmaids…and countin their gold»… almeno così pensiamo noi bimbetti. Fino a che un giorno «the front door of the pirate house started to open..» e… «HOLD TOUR BREATH! A HUGE WAVE WILL COME OUT!». Sam Turner è il grande animatore del gruppetto che lo segue a ruota, con molto trasporto. Ma niente onde, quello che apparve fu…Basta, «we said to Sam Turner “that’s NOT a pirate! And we all went home for our teas». Tutto sembra tornato alla normalità, ma il giorno dopo Sam Turner arriva con un’altra notizia in saccoccia: «There are MONSTERS moving into Number 12!». Questa volta ridiamo, insomma «nothing EVER happens on our street!».

Sam Turner ci catapulta con naturalezza nel suo mondo incantato: vediamo con i suoi occhi il mondo reale in cui lui gioca e trascorre i suoi pomeriggi, ma l’aspetto più interessante è che il lettore non rimane spettatore stupito, esso da subito viene coinvolto in prima persona all’interno del banda di bimbetti: il “noi” (we) ci permette di far parte di un gruppo complice e coeso di amici per la pelle che, nelle sue diversità, si aiuta a scorgere al di là steccato, trattiene il respiro, si stringe alla schiena dell’altro per farsi coraggio! Il testo è pensato per letture ad alta voce coinvolgenti e teatralizzate: le modificazioni del font guidano la lettura, e le immagini guidano i gesti. L’illustratrice ha una linea inaspettata: morbida, liquida, gioiosa e simpatica. La tecnica digitale è resa meno piatta dalla ricchezza di dettagli; gli sguardi e le loro direttive sottolineano i particolari e chiamano in causa il lettore in prima persona. Molta attenzione, ancora una volta, è data alla rappresentazione delle dinamiche di gruppo: i rimproveri, le frasi bisbigliate nelle orecchie, in un gioco di gesti e occhiate.

Saverio ama molto questo libro: recita, smanaccia e soprattutto non stenta a credere neanche per un istante alle parole di Sam Turner… :D

Un libro che è un libro sui pirati, sulle streghe, sugli alieni, sui dinosauri, ma che è in fondo un libro sul gioco di essere e di fare, che appare così naturale agli occhi dei bambini e che invece desta ricordi sorridenti nei grandi.

The pirate house
Rebecca Patterson

32 pagine
Anno: 2012

Prezzo: 7,70 €
ISBN: 9780230754416

Pam Macmillan editore

Anobii

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Commenti
17 Marzo 2016
Maria

Sì è un libro cartonato! 😉

17 Marzo 2016
Jennifer

Che dritta che ci hai dato !! Grazie !!
Non capisco se la copertina è rigida o meno , puoi aiutarci ? Ancora grazie !

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