È riduttivo definire Il signor Tigre si scatena un albo dedicato alla selvatichezza e alla rinuncia delle etichette, perché Peter Brown con un’ironia godibilissima e con una sapiente costruzione narrativa costruisce un’ode per niente banale al valore di essere se stessi.

In un mondo grigio, in cui gli abitanti passeggiano con gli occhi bassi, diretti con determinazione ognuno ai suoi impegni, il volto arancione del signor Tigre spicca per il colore e per gli occhi imbronciati, ma ben aperti.

«Tutti erano soddisfatti del modo in cui andavano le cose. Tutti eccetto il signor Tigre». Le buone maniere, o meglio l’apparenza delle buone maniere lo prostrava, «voleva lasciarsi andare. Voleva divertirsi. Voleva essere… selvatico».

Al signor Tigre viene «un’idea davvero matta»: inizia a camminar a 4 zampe, sotto gli occhi attoniti dei suoi concittadini che per la prima volta alzano lo sguardo dal marciapiede. Poi inizia ad arrampicarsi sui muri, a correre a perdifiato, a giocare con i cuccioli e a ruggire sulle panchine del parco. «I suoi amici non sapevano cosa pensare», ma sapevano bene cosa dire: «Bizzarro», «Caspita», «INACCETTABILE», «Uhm».

La parabola di liberazione del signor Tigre continua e, complice un tuffo spensierato nella fontana, giunge all’abbandono dei vestiti. Lo sdegno si traduce in cacciata: «Se deve comportarsi in modo così selvatico, per favore lo faccia nella SELVA!». Per nulla scoraggiato il signor Tigre scopre nella selva uno spazio adeguato alla sua personalità: cascate, alberi, rocce, pendii sconfinati. Tuttavia a sera sopraggiunta quel luogo non sembra poter essere chiamato “casa”. «E così il signor Tigre decise di tornare…», nella sua grigia città e «scoprì che le cose stavano cominciando a cambiare».

Questa storia divertente mi ha colpito, perché oltre allo spassoso tema del ritorno alla natura, quello del signor Tigre è un percorso di accettazione di se stessi, per quello che si è, oltre le imposizioni sociali, che se non comprese diventano grigie etichette prive di senso e in parte svilenti. Avere il coraggio di volersi bene fino ad accettare di non essere compresi è doloroso, anche perché - come chiaramente ci racconta la storia - l’accettazione di se va di pari passo con il desiderio di essere insieme a qualcuno che ci accetti così come siamo. Nel racconto di Peter Brown troviamo tutto.

L’impostazione grafica quasi fumettistica scelta dall’autore e illustratore statunitense scandiscono con nettezza il ritmo della narrazione dove alle scene che scorrono parallele in una pagina, spesso arricchite da baloon di testo, si alternano grandi tavole in doppia pagina senza parole, o doppie pagine molto dinamiche con movimenti che sconfinano con energia. Il tratto squadrato e grafico  caratterizza con personalità lo stile di Peter Brown (che mi piace moltissimo!) e si trova ad esprimere egregiamente la rigidità e il grigiume della città così come le meraviglie lussureggianti della selva. I giochi di colore che sfumano dal marrone/grigio ai vitaminici verde e arancio guidano visivamente attraverso una lettura delle immagini per contrapposizioni non esasperate, ma progressive.

Un libro ideale per la lettura ad alta voce, anche a voci alternate, un libro da ridere, ma profondo, che al tono sopra le righe annoda temi importanti come l’amicizia, l’accettazione di se, la ragionevolezza (o meno) delle regole.

Da noi è stato un successo, voi proponetelo dai 3 anni!

P.S. Qui trovate un interessante dietro le quinte.

Il signor Tigre si scatena
Peter Brown - Alice Pascutti (traduttrice)

48 pagine
Anno: 2017

Prezzo: 14,00 €
ISBN: 9788869661532

Il castoro editore
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