In questi giorni sono in vacanza con la mia famiglia, in Toscana. In una delle poche (uniche?) giornate non piovose (non dico soleggiate dico “non piovose”!) ci siamo addentrati in un bosco magnifico, irreale, mai visto così nella sua strana conformazione: alberi centenari, per lo più castagni, con grossi tronchi, distanziati tra di loro, un bosco verde, piano, disseminato di felci e ginestre.

La godibile camminata in piano, il fervore rumoroso degli uccelli allegri (forse anche loro non ne potevano più della pioggia) regalavano anche ai bitorzoli dei tronchi un aspetto solenne, storico, da accarezzare ricercandone le trame con la punta delle dita. Chissà cosa hanno visto questi vecchi alberi e cosa vedranno! Chissà se qualche innamorato con il suo calesse o il suo cavallo, il secolo scorso, ha mai percorso questi passi! Chissà che storie tragiche di cavatori ha ascoltato! Chissà quante battute di caccia ha seguito! Beh tutto faceva presagire una escursione romantica e godibile, così ho detto ai “miei uomini”: contiamo quanti animali vediamo!

Come sapete – ve lo ho detto in mille salse – io adoro gli animali e il ruolo di esploratrice mi calza abbastanza a pennello :D, così quella mattina se proprio non desideravo incrociare un cinghiale, puntavo ad un cerbiatto, una volpe, un tasso perché no, o almeno uno scoiattolo, o un gufo! Io i gufi li ho visti solo in uno zoo e anche nella gigantesca ma limitata gabbia ho dovuto sforzarmi per riconoscere i pennuti, che, per chi non lo sapesse, sono uccelli grandissimi. Da allora io mi sono sempre chiesta come cavolo facciano a nascondersi: saranno pure mimetici, ma uno riuscirò a vederlo! No, mai accaduto.

Mentre in abbandonavo in sequenza a questi pensieri cerbiatto-volpe-behalmenoscoiattolo-cinghialemegliodino-gufoeccogufo!, non ho potuto che pensare ad uno dei (millecinquecento) libri che ci siamo portati in vacanza: I tre piccoli gufi di Martin Waddell (autore) e Patrick Benson (illustratore). Il libro, nonostante lo abbia intercettato non molto tempo fa, è un libro che ha già 22 anni, eppure non conosce vecchiaia e con giovanile ardore è stato appena ristampato. Il libro si rivolge a bimbi piccoli, idealmente di 2 anni, e questo va detto subito perché se la scelta testuale dell’autore è assolutamente riconoscibile come rivolta a questo target: vicenda familiare (senso di abbandono e mamma!), testo essenziale e semplice, discorsi diretti, testo ricorrente e ripetitivo, dimensione affettiva… le illustrazioni sono davvero inusuali.

Ma partiamo dalla storia: tre piccoli fratelli, gufetti (Sara, Bruno e Tobia) vivono con la loro mamma in un comodissimo e delizioso buco in un tronco (forse sono buchi magici che appaiono solo in determinate condizioni, perché io non ne ho visto UNO abitato!), ma una notte, svegliandosi dopo una mattinata di sonno, non trovano la mamma. Potete immaginare lo spaesamento e il panico, anzi potete leggerlo negli occhi dei piccoletti in copertina (che, vi dirò, è stato ciò che mi ha sempre allontanato da questo libro!). Dove sarà mai? I gufetti si mettono in moto con ipotesi e spostamenti: sarà «andata a caccia» e si spostano ad aspettarla fuori tra i rami, «porterà dei topolini» e si avvicinano tutti su un unico ramo, «forse si è persa» e i piccoli non possono che chiudere gli occhi, per evitare di piangere e per pregare. «E LEI TORNÒ.» Punto fermo. Le mamme sono proprio così punti fermi, non esclamativi, non interrogativi, fermi: a meno di condizioni più uniche che rare, ci sono, tornano, stanno. E i gufetti lo sapevano, come dovrebbero ricordarsi tutti i figli del mondo «Io lo sapevo!» e come i più piccoli ricordano essenzialmente «Io voglio bene alla mia mamma!».

Se la storia fosse ambientata in una giornata di sole o anche in una foresta sarebbe la già vista storia del piccolo perso e della ricerca della mamma, ma qui siamo in un bosco, di notte e la notte è nera, non grigetta, azzurra, violacea, è nera.

Patrick Benson opta infatti, per questo albo dedicato ai piccolini, per il realismo: un realismo minuzioso, a 360° gradi, un realismo che ricorda le incisioni di Gustave Dorè (a tratti sembra di vagare nella selva dantesca…). La linea sottilissima, tratteggiata, plasma tridimensionalmente personaggi e oggetti con una precisione fotografica. Assai felice, in questa prospettiva, la scelta del gufo come protagonista: la mimica del volto, l’uso espressivo degli occhi, le posizioni e le mosse (anche i salti!) dei volatili sono infatti proprie dei gufi “veri” e l’illustratore non ha dovuto inventare nulla, solo ricreare. Il nero, colore spesso stigmatizzato nei libri dedicati ai bambini, è qui avvolgente, ombreggiato in trame similzebrate, ma anche piano e pieno e comunque pervasivo. L’uso della luce ricrea la lattiginosa luce lunare che illumina solo parzialmente lo spazio, più frequentemente essa sembra emanata dai tre fratellini assediati dal nero della loro paura. Assolutamente inaspettati anche gli scorci non solo frontali, ma anche da punti di vista sopraelevati: calda e coinvolgente la vista dall’alto e all’interno del tronco del nido, ariosa e veloce la panoramica dall’alto che riprende la planata di ritorno della madre.

A Saverio è piaciuto, ma è troppo “semplice” per lui, i suoi interessi sono ormai diversi, ma capisco tranquillamente come tutte le recensioni che parlano di bambini più piccoli, raccontino di esperienze entusiasmanti di lettura.

Ma vorrei raccontarvi come si è conclusa la nostra gita: «Mamma siamo stati fortunatissimi oggi, è stata una giornata splendida: abbiamo visto 9 animali! Che bello!». Di questi 4 erano lucertole, 2 ragni, 2 bruchi e forse un merlo: animali così “consueti” che per me non andavano neanche contati, ma che hanno fatto gioire il mio quattrenne. Dobbiamo riabituarci a gioire come i piccoli, come il saltellante piccolo Tobia, che non sta nella pelle quando vede la sua mamma.

I tre piccoli gufi

Martin Waddell-Patrick Benson 

32 pagine
Anno: 2004

Prezzo: 14,00 €
ISBN: 9788804532989

Mondadori editore
Anobii

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