Quando lessi la prima volta il titolo dell’ultimo libro di Lane Smith, C’è una tribù di bambini, riandai automaticamente con il pensiero a Il signore delle mosche di William Golding: una sensazione quasi fastidiosa. Invece questo libro, sebbene susciti la sensazione di smarrimento, abbandono e, in parte bestialità del romanzo di Golding, lo fa riscrivendo questa esperienza dentro un movimento di ricerca  e di scoperta della propria identità magico, sospeso e incantato.

«C’era una tribù di bambini. C’era una colonia di pinguini. C’era uno sciame di meduse. C’era un banco di balene…»

Lane Smith sceglie questo modulo ripetitivo, più poetico che realmente narrativo, per raccontare un’avventura che nasce da uno spunto reale – a cui si stenta a credere! – e che si snoda in modo per nulla astratto con snodi temporali e spaziali limpidi.

«C’era una tribù di bambini»: bambini? Siamo sicuri? La prima immagine che ci accoglie infatti, è quella di un ragazzino selvaggio, vestito di foglie (calzari compresi!) che gioca allegro in mezzo ad un branco di capre di montagna. Poi le caprette se ne vanno: sanno arrampicarsi su rocce quasi verticali e lui no. Preoccupato, o forse seccato, il bambino va alla ricerca della sua tribù. Ed ecco un pinguino: oh sì, sembra dire il bambino, forse sono proprio un pinguino, so scivolare con grazia e aleggiare con solennità… ma poi i pinguini si immergono nell’acqua gelida. Il piccolo si tuffa e, mentre ancora si crede un pinguino, ecco le meduse: forse è più semplice essere una medusa! Pagina dopo pagina, in una sequenza inanellata con chiarezza, il piccolo protagonista attraversa il mare e poi il cielo, montagne, giungla in un viaggio dalle svolte inaspettate e dagli imprevisti sorprendenti (Saverio è rimasto elettrizzato dal passaggio muso di balena–rapimento dei corvi–caduta sulle rocce). In ogni contesto il bambino ricerca la propria appartenenza, cercando di adattarsi al gruppo che incontra: sembra sempre poter essere tutto, eppure manca sempre qualcosa o nelle sue capacità (difficile caricare come un rinoceronte) o anche nella sua soddisfazione (le tartarughe vanno trooooppo lente per lui!). Il piccolo sembra attraversare questa avventura inizialmente con un piglio spavaldo, sorridente e baldanzoso: è quasi un gioco marciare con le scimmie o giocare a fare il sasso.

Fino a quando la «truppa di bruchi» porta ad una svolta. «Il volo delle farfalle» infatti lascia il bambino quasi scorato accanto a bozzoli inermi sui rami: perché? Non è un caso – secondo me – che alla pagina seguente troviamo «un brillio di lucciole», una «famiglia di stelle» e «un’oceano di blu». Gli animali spariscono e rimane il protagonista di fronte a una natura più misteriosa e imponente, solo con il suo desiderio, il desiderio della sua tribù. E ancora, non casualmente, dopo una tavola nera di sogni c'è una riva bianca di sabbia paradisiaca dove «c’era un sentiero di conchiglie»: la vera differenza sta proprio in questa capacità di lettura simbolica della realtà che gli fa comprendere che quei piccoli gusci colorati sono un segno, una strada, un richiamo. «C’è una tribù di bambini» per davvero questa volta. Volti in cui riconoscersi e con cui poter giocare a fare l’elefante, ma una tribù che è anche capace di abbracciarti e amarti.

Quella raccontata magistralmente con un ritmo e una traduzione davvero incantevoli è un’avventura intrigante e paurosa (!), che racconta la scoperta reale che i bambini fanno dei bisogni del loro cuore, che si concretizzano nell’abbraccio di una famiglia (l’ultima tavola ci fa intuire la presenza di due genitori) e di amici, pari.

Lo stile screziato e lieve delle tavole rende leggero il dramma della autocoscienza ma anche della reale solitudine del bambino («ma è davvero solo?» mi ha chiesto subito Saverio, che ha 7 anni, un po’ preoccupato). La sequenza di associazioni mimiche bambino-animale fa ridere e chiama all'imitazione, fino a quando si arriva all’oceano e si rimane in silenzio percependo dolorosamente l’infinito.

Nella nota introduttiva l’autore parla anche di collage: purtroppo la rilaborazione computerizzata a mio parere appiattisce l’effetto finale, ma contribuisce anche ad dare alla tavola un’omogeneità impalpabile e rassicurante.

Un libro potente che è molto molto più che un libro sugli animali (come l’autore ha provato a minimizzare!).

P.S. qui potete ammirare un po' di schizzi!

C'è una tribù di bambini
Lane Smith

40 pagine
Anno: 2016

Prezzo: 15,00 €
ISBN: 9788817086141

Rizzoli editore
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