Non ho mai avuto paura del rumore dei tuoni e della tempesta, ma ho provato una paura viscerale per il buio e le ombre della notte e La bambina e il gatto di Ingrid Bachér  descrive questa esperienza, la mia esperienza, in modo esatto. L’autrice tedesca scrive nel 1962 un testo davvero onesto e intrigante su un tema tra i più percorsi della letteratura per l’infanzia e ci riesce in modo convincente anche grazie a illustrazioni fuori dal tempo, simboliche, ma così chiaramente parlanti e trasparenti che le tavole mute che si alternano al testo raccontano la trama esattamente.

Con un ritmo narrativo di altri tempi, tavole illustrate a tutta pagina si alternano a tavole di testo fitto, nero, che chiedono di essere ascoltate, entrambe. L’incipit incalza veloce con fasce orizzontali che descrivono la preparazione di mamma e papà: stanno uscendo, si vestono, salutano la piccina sotto le coperte rimboccate e sotto il cielo nero e una luna piena che ricorda quella di Georges Méliès, partono in auto. Il giallo fascio di luce dei fari si anima di animaletti e insetti notturni, girando la pagina, in uno scambio cromatico, creaturine gialle brulicano nel nero del buio.

«“Vieni qui”, disse la bambina al gatto, “sono ancora sveglia” […] “Vieni”, sussurrò la bambina, e il gatto si avvicinò ai piedi del letto. “Dovrei dormire, ma ho voglia di parlare con te. La casa è grande. Tu e io siamo i più piccoli. Siamo da soli”».

Da questo momento, come davanti ad una camera fissa, le tavole illustrano la stanza della bambina: in un gioco di deformazione prospettica gli oggetti si trasformano di volta in volta, si ingigantiscono, si fanno piccoli, materializzano i rumori esterni (la città, l’auto dei genitori…) o fantasie (quello scricchiolio sarà forse un insetto gigante? ). Dettagli e figure iperrealistiche rendono reale lo spazio: il piumone fiorito, la sedia, il tavolino… la salamandra pezzata, la coccinella gigante. È buio, si sta scatenando un temporale e la realtà si trasforma sotto gli occhi della bambina, questo serpeggiare del panico viene raccontato attraverso il dialogo ad una voce tra la bambina e il suo gatto, chiamato a farle compagnia. Con la mollezza quasi scostante del gatto, il nero felino balza fino al letto, nel frattempo la sedia rimpicciolisce, la coccinella si sposta, la falena vola via… La paura si fa quasi incontrollabile, quando la bambina capisce che il sovvertimento delle regole percettive può includere anche il suo compagno: il gioco è fatto. «“Ti trasformerò in un leone, in un grande leone adulto […] Stai tranquillo, stai già crescendo! Tra poco sei il mio leone. Io poso la mia testa sulle tue zampe e quando il temporale scardina le imposte, quando la porta si spalanca e dal corridoio arriva qualcosa di mostruoso, allora tu sei grande e mi proteggi. Tu metterai tutto a posto per me”».

La parola consegnata al caldo di un compagno inglobano la paura, incanalano l’energia convogliandola come un’onda in un movimento che dall’interno si rigetta all’esterno.

«Adesso si sentiva la pioggia scrosciare con tale violenza, che la bambina immaginò fosse in corso una gara di salti sulle tegole del tetto. Poi però scoppiò un tuono e la bambina si rannicchiò sotto il leone. Dal corridoio alla stanza rimbalzò il sibilo di una saetta, brillò, … si infiammò e trasformò la stanza in un incendio selvaggio. La luce era così intensa che il leone si confondeva in essa. Si alzò, si precipitò sul fulmine, come Mangiafuoco inghiottì le fiamme in un boccone e spense le ultime scintille tra le braci».

Ora nella stanza c’è solo il leone e la bambina e la pioggia fitta sembra farsi leggera, papà e mamma tornano.

Il testo (lungo!) è intenso e tiene incollati i bambini più grandicelli (dai 5 anni) in un monologo-dialogo che trasfigura lo spazio secondo la percezione infantile della paura. E dalla paura ci si libera sono affidandola a qualcuno che la inghiotte: io la affidavo al mio cane di peluches, Bobby, la protagonista di questa storia la dona al suo gatto-leone e tutto si scioglie tra violenza e pace in un legame indissolubile.

Rotraut Susanne Berner mostra di aver vinto il premio Hans Christian Andersen 2016 davvero meritatamente, rendendo accessibile un testo complesso senza che perda l’incanto del suo tono connotativo.

Un libro raro, particolare e profondamente vero e bello.

N.B. il gatto alla fine, si dice, scompare: per me è il segno discreto che riporta il reale al suo posto. Il gatto esce e va a farsi un giretto come ogni gatto vero avrebbe fatto.

La bambina e il gatto
Ingrid Bachér - Rotraut Susanne Berner - Giulia Mirandola (traduttrice)

32 pagine
Anno: 2017

Prezzo: 16,00 €
ISBN: 9788898523603

Topipittori editore

[shareaholic app="share_buttons" id="15118398"]
Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *