Come parlarvi di Il richiamo della palude? Ho fatto molta fatica a ordinare i pensieri su queste pagine. Quando vidi la sua presentazione tra le novità ne rimasi rapita e sapere che Davide Calì, autore che molto apprezzo, si fosse cimentato proprio sul tema dell’adozione mi rendeva speranzosa di leggere un testo coraggioso dove non necessariamente tutto è detto, tutto è spiegato.

Il tema adottivo propone però tutta la sua complessità e anche in questa storia, che offre occasioni importanti di riflessione (oltre a tavole che lasciano senza fiato!), alcuni punti di discussione rimangono aperti. Criticità, si dice.

Davide Calì non gira intorno al problema e apre il suo racconto in questo modo: «quando i suoi genitori lo trovarono erano senza figli e ormai disperavano di averne. I dottori erano stati chiari: voi non avrete figli, avevano detto». Quand’ecco sulla riva di una palude una creaturina abbandonata, sembra un dono del cielo. Boris, questo il suo nome, ha l’aspetto di un assolotto (una salamandra con tre paia di branchie sulla testa), ma nonostante ciò, crescerà felice con la sua famiglia, in un mondo che lo accetta e lo ama.

«Capitò un giorno all’improvviso. Soffiava il vento, l’aria aveva un odore salmastro che credeva di aver dimenticato, o di non aver mai conosciuto. Un odore sepolto nel profondo dei ricordi». La storia a questo punto diventa l’avventura delle ricerca delle proprie origini, un viaggio al fondo della propria identità: che incomincia con un fiume di domande «“Perché mi avete preso?… “perché invece non mi avete lasciato dov’ero?”… Era davvero felice? Ciò che aveva era ciò che desiderava o quello che altri avevano desiderato per lui?… Aveva sete. Sempre sete.». E poi culmina con il ritorno di Boris nella palude, dove trova odori, volti, branchie e occhi sporgenti, proprio come i suoi. «Boris pensò di aver trovato una nuova famiglia. La sua vera famiglia». In questo percorso di ricerca identitaria le figure dei genitori mi paiono splendide: supportano, rispondono, ma lasciano libero Boris. «I suoi genitori … andavano spesso alla palude e gli lasciavano dei messaggi appesi agli alberi. I messaggi non dicevano mai: Ti prego torna a casa. Dicevano: Se tu sei felice dove sei, siamo felici anche noi». Io ho i brividi ogni volta che leggo questo passaggio.

Quando Boris inizia ad avere nostalgia di casa e capisce che quello che accomuna le persone non sempre è il volto, l’odore o il luogo di nascita, allora si sente morire, si sente di non appartenere a nessuno e si lascia affondare nella palude.

«Sul fondo Boris trovò un sacco di bottiglie. Erano vuote, anzi no, dentro ciascuna c’era qualcosa di sottile. Un biglietto. Tutti i biglietti dicevano: Se tu sei felice dove sei, siamo felici anche noi.» È l’ossigeno di cui ha bisogno per tornare a galla, inforcare la sua bicicletta e seguire il cane (che forse era rimasto a vegliare sulla riva della palude) fino a casa. Quella vera.

Tratti di questa storia mi hanno commosso, le bottiglie sul fondo dello stagno mi hanno fatto piangere. Calì conferma una schiettezza nella scrittura e una lucidità nel rendere narrativamente semplice e naturale dinamiche profonde e complesse come la capacità di amare oltre l’affinità immediata o la necessità di lasciare liberi i figli come forma di supremo amore. A questo si accompagnano delle tavole mozzafiato. Marco Somà gioca con l’acqua e i riflessi (avete guardato bene la copertina?), figure robotiche ed elementi naturali si fondono con naturalezza e quasi ci si aspetta di vedere i pesci nella brezza che soffia dal mare. Gli scorci arditi, il grande piccolo e il piccolo grande, i riferimenti colti (avete visto Escher nel pavimento?), i movimenti naturali di foglie, acqua, pesci e le interpretazioni personali (quanto è emozionante il messaggio-casa rappresentato nella bottiglia?)… Ogni pagina richiede di essere respirata, assaporata…

Ma c’è un ma, anzi ce ne sono almeno due.

Le domande che mi si assiepano in testa sono molte, tento di riassumerle per punti, sperando che la schematicità possa essere occasione più facilitante il dialogo:

  1. le tavole di Somà lasciano senza fiato, eppure se penso all'adozione e a tutte le cose che ho imparato nei numerosi corsi e incontri a cui si deve partecipare è che il bambino adottato lotterà tutta la sua vita con una percezione di sé colma di disvalore. Il bambino adottato pensa di non valere (è stato abbandonato), non ha stima di sé e si sente inferiore ai genitori e agli altri. Nel testo il bambino adottato viene da una palude ed è un mostriciattolo: non mi si fraintenda, la rappresentazione è splendida, non c’è che dire, ma il contenuto ultimo è quello, il bambino adottato è un bambino deforme che viene da un posto fangoso. Il libro può essere dunque proposto ai bambini adottati?
  2. Sottile e forse legato al punto precedente o al successivo. I genitori, anche se la questione è affrontata superficialmente, sembrano “salvare” Boris in un atto gratuito di generosità. L’adozione non c’entra nulla con la generosità.
  3. Nell'ottica di un discorso adottivo, le poche battute un po' confuse sul ritrovamento del bambino e la sua adozione lasciano spazio a pensieri che sono pericolosi: «non capirono se era stato abbandonato o se aveva perso i genitori, ma poco importava, perché ne aveva trovati altri due». L'ipotesi non del tutto smentita è che dei genitori dello stagno possano ancora essere da qualche parte: che Boris si sia solo perso? Questi, potenzialmente, sono macigni di insicurezza che restituiscono un'immagine dell'adozione non esatta, perché nell'adozione si cerca una famiglia ad un bambino che non ce l’ha più.

Quindi cosa dire? Forse un libro che non leggerei ad un bambino (se non in condizioni particolarissime), ma ad un adulto? Sì. Se penso ad alcuni discorsi che mi è capitato di sentire, del tipo: “spero che non si noti che è non è mio figlio” (perché si sentono anche cose del genere...) forse la nettezza di questo libro, che pone senza mediazione l'accettazione della differenza come esperienza alla base per l'accoglienza, potrebbe offrire un profondo spunto di riflessione.

Lascio a voi la parola!

Il richiamo della palude
Davide Calì - Marco Somà

32 pagine
Anno: 2016

Prezzo: 16,00 €
ISBN: 9788867450534

Kite editore

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Commenti
16 Gennaio 2020
Maria

Sono contenta di trovare conferme 😉

16 Gennaio 2020
Andrea

E’ stato il primissimo libro che abbiamo acquistato, subito dopo una conferenza in tema adozione. Però, una volta letto, non è stato amore per i motivi identici ai tuoi, ben descritti in questa recensione.

6 Febbraio 2017
Maria

Ada, sai che sei la benvenuta!!

6 Febbraio 2017
Ada

Carissima Maria, mi permetto di segnalare a te e ai tuoi lettori anche questa recensione di questo albo così delicato ma che al contempo scivola, come hai ben fatto notare, su alcuni aspetti decisamente importanti. Buona lettura…

http://genitorisidiventa.org/notiziario/il-richiamo-della-palude-le-parole-fuori-di-noi-capire-la-ricerca-delle-origini

16 Novembre 2016
Maria

Grazie, sono contenta di averti incuriosita. Grazie davvero!

16 Novembre 2016
Laura

Grazie per quesa bellissima recensione, mi ha incuriosita e credo leggerò Il richiamo della palude.
Ti seguo e prendo spunto dai tuoi consigli di lettura.
La tua sensibilità e la semplicità con cui la offri a chi ti legge mi colpisce molto.
Continua così!!
Laura

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