Leggere Grilli e rane è partire all’improvviso e ritrovarsi nel fresco della Sila, in un tempo calmo e fermo, estivo. Leggere Grilli e rane è partire, valige alla mano, e andare a conoscere una bambina che oggi avrà l’età dei lettori adulti, i cui passatempi e i cui ricordi parranno lontani un’eternità ai giovani lettori. 

La cucina economica, l’acqua da andare a prendere tutti i giorni, le coperte di lana fatte a mano pesantissime addosso e così confortanti, i campi  e la campagna solitaria, gli stagni e le rane, la libertà di muoversi senza vincoli e paure, i cani liberi, il formaggio che trasuda in mano, le bottiglie piene di grilli, le merende di pane e marmellata, le ginocchia sbucciate.

Molti dei ricordi dell’autrice potrebbero essere miei, i miei ricordi delle vacanze con i nonni, un po’ più a nord ma percorsi dagli stessi luminosi abbaglianti  momenti e dalla stessa eccitante libertà. Il libriccino raccoglie tre episodi (Cani e ginestre, La gara delle rane, Grilli) che si espandono a coprire mesi interi di scorribande solitarie, tre episodi la cui lettura dà l’impressione di aver letto un romanzo.

Tra cani randagi e incursioni notturne (con i nonni dai buffi pigiami), amiche estive che sono falchi, rane da acchiappare in mezzo al fango e grilli da riempirci una bottiglia intera si respira e si vive un po’ di quella campagna calabrese che magari qualcuno non ha mai visto, ma che si sente profumare e pulsare in ogni riga.

Le memorie estive, se ben scritte, hanno questo effetto, quello di dilatare il tempo della lettura e richiamare le immagini fulgide delle proprie vacanze, infondendo un senso di felicità sensibile.

Le illustrazioni di Alessandra Lazzarin colgono la profondità seria di questa felicità sbocciante nel testo e con serietà appuntata quasi con febbrile eccitazione l’annotano tra le pagine, con linee vibranti e scorci molto personali che restituiscono il sapore dell’ambientazione e delle emozioni raccontate. Alcune rigidità e imperfezioni non stonano con il tono del libro che deve conciliare la spontaneità e l’idealità del ricordo, in una deformazione inevitabile.

Barbara Ferraro ha indubbiamente uno stile evocativo molto interessante: i ricordi d’infanzia emergono vividi da queste pagine. La lingua però per far brillare queste memorie, come il vetro spezzato, si scheggia in mille pezzi e pause che rendono la lettura molto suggestiva, ma credo poco scorrevole agli occhi dei primi lettori. Il testo è paratattico, a tratti monoproposizionale, percorso con insistenza da sequenze incalzanti di frasi che senza esplicitare i nessi logici chiedono al lettore una capacità di riempire gli spazi silenziosi con molte competenze linguistiche.

«Mio nonno diceva che aveva i parassiti. Di starle lontana. Li aveva infatti. Ma io le portavo comunque le polpette. Mia nonna ci metteva dentro anche i pezzettini di formaggio».

Barbara Ferraro sembra parlare ai suoi lettori e infatti la sintassi lascia largo spazio a fenomeni tipici dell'oralità, con inserzioni lessicali scelte e preziose, però, che innalzano tutto d’un tratto il tono.

«No, non l’avevo messa in cucina l’acqua, ma le dicevo di sì, così stavano tranquilli sui parassiti, nonno e nonna».

Una volta stabilito però che il testo si rivolga a ragazzi dagli 8 anni, il libro trova il suo posto e i suoi lettori e può mostrarsi con complicità e nella fulgida veste del suo (davvero interessante) contenuto.

Un bel libro. 

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Grilli e rane Barbara Ferraro - Alessandra Lazzarin 48 pagine Anno 2019 Prezzo 12,00€ ISBN 9788899136482 Editore Edizioni Corsare
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