Per raccontare una storia nota come quella della natività di Gesù, bisogna essere capaci di un accento particolare. Ci riescono con molta attualità Anne Boot e Sam Usher con Refuge, rifugio. Non ci si pensa spesso, ma quella di Gesù fu una nascita forse inaspettata, nel mezzo di un viaggio, un viaggio lungo che non finì con la sua venuta al mondo.

La voce dell’asino carico del peso di Maria, gravida ormai al nono mese ci racconta questa storia tratteggiandola in modo essenziale. «The man led me, and I carried the woman all the way to Bethlehem». Chissà quali pensieri affollavano la testa di quel padre e quella madre, nazareni che si dirigevano un paese straniero, chissà se mai visitato…

Alla quarta pagina il bimbo nasce, senza tanti particolari sulla sistemazione, sul freddo, sulla notte: «the baby was born». La storia che ci racconta la scrittrice australiana parte da qui.

Sì perché dopo che i pastori e perfino tre re giunsero in quella notte trapuntata di stelle a rendere omaggio a quel bimbo sonnolento, stravolto dal parto, mentre tutti dormivano «the man had a dream. A dream of danger». E quando un padre percepisce un pericolo per i suoi cari, agisce, prende e va. Sveglia Maria che a poche ore dal parto era probabilmente sfinita dalla stanchezza, ma sapeva. Ce lo racconta il nostro asino «“Come on, old friend, we’re off on a journey ”», così gli aveva detto. Così in quella stessa notte ancora impregnata dall’odore dell’incenso, lentamente fra strade ancora addormentate, con quel frugoletto profumato di latte i quattro partono, verso l’ignoto che rappresenta la sola possibilità di sopravvivenza. Vanno «hoping for the kindness of strangers», sperando nelle gentilezza degli stranieri. Il cammino è duro e soprattutto sconosciuto: l’asino avanza sotto il suo prezioso peso, Maria stringe al cuore il suo bambino in fasce, cammina il padre e parla e pensa al suo viaggio, «hoping for the kindness of strangers». Chissà quale peso doveva essere quella speranza, perché se fosse stato solo non avrebbe temuto così, ma Giuseppe è un giusto e inesorabile avanza, certo di un sogno e certo di Dio. Avevano paura, ci racconta l’asino, ma «they took hope from each other, and from the baby’s tiny first smile».

Poi entrarono in Egitto, un altro mondo, un altro Paese, stranieri tra gli stranieri «and we found refuge».

Gesù fu un rifugiato, fu un perseguitato, scappò. Con poche ore di respiri nei polmoni, stretto al seno di sua madre, guidato dal passo deciso di suo padre, fuggì verso l’ignoto, confidando che quella Provvidenza che aveva loro offerto alloggio il giorno in cui il Re del Cielo nacque, avrebbe loro offerto un rifugio in terra straniera.

Come non pensare a chi oggi vive questa fuga «hoping for the kindness of strangers». Non a caso il libro nasce all’interno di un progetto a favore dei bambini colpiti dalla guerra.

Sam Usher con i suoi acquerelli grigi e gialli gioca a illuminare una notte buia di paura e gialla di miracoli, come un filo giallo e come un Cielo gravido di promesse.

La stessa storia che avete sentito tante volte, ma intensamente vera: Saverio è rimasto incollato ad ascoltarmi.

Perché a Natale come ogni giorno tocca a noi decidere se accogliere con gentilezza un Dio bambino che prende il volto del prossimo che ci viene incontro.

Refuge
Anne Booth - Sam Usher

32 pagine
Anno: 2016

Prezzo: 7,99 £
ISBN: 9780857637710

Nosy crow editore

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Commenti
11 Dicembre 2016
Maria

È proprio l’aspetto che ha più colpito anche me!

9 Dicembre 2016
Sara

Grazie Maria…
Mi hai fatto pensare a quanto sia strettamente attuale la storia della venuta di Gesù. ..a quanti Maria e Giuseppe vaghino oggi alla ricerca di un rifugio per loro e i loro bambini…e a quanti “albergatori” dicano ancora no…
Sara

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